Raccolta di Voci e Fatti


EMERGENZA ETIOPIA: “RISCHIO INDIFFERENZA”

 

Meles Zenawi, Primo Ministro dell’Etiopia: “Se la carestia del 1984 è stata un incubo, questa che sta per piombarci addosso potrebbe essere ancora più orribile”.

 Jean-Jacques Graisse, Vicedirettore esecutivo del Programma Alimentare Mondiale: “In Africa siamo alla vigilia di una tragedia biblica, anche perché è la prima volta che ci troviamo di fronte ad una somma di crisi di grandi proporzioni”.

E ci risiamo. In Africa, ancora emergenza. Sempre emergenza.

All’Etiopia servirebbero subito 700 milioni di Euro ma molti, in Occidente, non sanno che la carestia ha anche colpito Mauritania, Niger, Mali, Sahara occidentale, Angola, Uganda, Sudan, Eritrea. 

Si dice che la sovrappopolazione sia la principale causa della fame, ma in realtà l’Africa sub-sahariana ha una densità di 16 abitanti per chilometro quadrato a fronte dei 190 dell’Italia e dei 400 dei Paesi Bassi. Eppure, si calcola secondo fonti autorevoli che oltre 50 milioni di africani siano al di sotto del minimo nutritivo, in altre parole: non riescono a mangiare ogni giorno.

In Etiopia la stagione delle piogge è arrivata tardi, è stata brevissima e i raccolti sono andati distrutti. Il numero dei morti per fame si mantiene ancora (per usare un eufemismo) entro limiti “fisiologici”, ma nella popolazione etiopica si riscontra una percentuale fra il 15 e il 25 per cento di malnutriti condannati a morte certa da un possibile inasprimento della crisi alimentare.

Come si spiega tutto questo ?

Non con una sovrappopolazione che non esiste. Certo le terribili condizioni atmosferiche giocano il loro ruolo, ma non basta. Senza scomodare le consuete teorie degli economisti sullo “sviluppo bloccato” e i circoli viziosi della povertà (“I Paesi ricchi sempre più ricchi, i Paesi poveri sempre più poveri”), per trovare una prima risposta è necessario citare ancora il Vicedirettore Jean-Jacques Graisse: “Mancano le strutture per affrontare le crisi e non ci sono i fondi né il tempo per realizzarle. Dopo la fase acuta la gente viene abbandonata, perché abbiamo altre emergenze”. Nel Corno d’Africa, colpito da carestia due anni fa, arrivarono gli aiuti di emergenza ma non furono realizzate opere di irrigazione, né gli invasi per contenere l’acqua.

Fra l’altro, è necessario rendersi conto che gli aiuti, i fondi e le opere anche realizzate non basteranno a risolvere le emergenze nei Paesi africani fin quando i loro leader continueranno ad attuare politiche poco consone ad uno sviluppo organico e moderno. In Occidente sono ritenuti sempre meno accettabili una corsa agli armamenti per milioni di dollari da parte del Governo eritreo, l’acquisto di un jet privato da 45 milioni di Euro da parte del re dello Swaziland o il rifiuto zambiano del mais offerto dagli Stati Uniti perché “geneticamente modificato”. Inoltre, a che serve realizzare strutture come serbatoi d’acqua che vengono poi distrutti dalla prima guerricciola locale ?

Tutto questo porta ad alimentare un pericoloso fattore potenziale: il ”rischio indifferenza”. Un’indifferenza che potrebbe colpire in Occidente un’intera generazione, la mia, che sente parlare di “fame nel Terzo Mondo” da quando portava i pantaloncini corti ed era fiera di organizzare collette a scuola per i  “poveri bambini affamati dell’Africa” e che ora, doppiata la boa del mezzo secolo d’età, vede ancora immagini di bambini africani denutriti, le stesse di dieci, venti, trent’anni fa, di mezzo secolo fa. E allora può ben rischiare di rafforzarsi in noi occidentali la tentazione di credere che tutto è inutile, non c’è niente da fare, il Terzo Mondo esisterà sempre e le sue popolazioni continueranno a morire di fame, anzi, moriranno sempre più di fame.

Per ora questo rischio non si manifesta, per l’Etiopia ed il Sahel l’Occidente si mobiliterà ancora una volta, noi italiani ci mobiliteremo com’è nostra tradizione, però una sola conclusione appare certa: nulla e nessuno potrà fare veramente qualcosa per l’Africa finché, coordinandosi con l’impegno reale, effettivo e pluridecennale del mondo sviluppato, l’Africa non si deciderà a fare qualcosa per se stessa.

 

 Marcantonio Scipione