LA VOCE


EDITORIALE

Dalle Ande... agli Appennini

"Il medico comparve sull’uscio e disse: - Tua madre è salva. Il ragazzo lo guardò un momento e poi si gettò ai suoi piedi singhiozzando: - Grazie dottore!

Ma il dottore lo rialzò d’un gesto, dicendo: - Levati!... Sei tu, eroico fanciullo, che hai salvato tua madre."

 

DOMENICO FIORDELISI

 

Confesso che quando il Conte Santellocco mi telefonò l’incarico di dirigere questo periodico destinato ai nostri connazionali in terra straniera, mi tornò alla mente, stranamente, uno struggente e patetico ricordo della fanciullezza, legato alla lettura del libro "Cuore". Il più lungo "racconto mensile" del De Amicis ci narrava, infatti, la storia a lieto fine di Marco, ragazzo di tredici anni che affronta un lungo e disagiato viaggio per mare alla ricerca della sua mamma in terra argentina. Una "madre coraggio" d’altri tempi che, per sostenere la famiglia colpita dai debiti, non aveva esitato ad imbarcarsi, qualche anno prima, alla volta di una terra lontana e misteriosa, dove però c’era la possibilità di mandare parecchi soldi a casa, facendo la sguattera presso una buona famiglia di possidenti. Ed io, fanciullino alle prime emozioni della vita, la immaginavo, questa povera donna scarmigliata ed avvolta in una mantella nera, con la valigia di cartone legata da uno spago, icona classica dell’emigrante d’altri tempi, in cerca di una onorevole quanto mitica sistemazione.

Figura oleografica, di quando "partivano i bastimenti per terre assai lontane...", quando l’America era al di là dell’Oceano e rappresentava l’Eldorado, quando le famose "rimesse degli emigranti" costituivano sollievo non solo alle rispettive famiglie interessate, ma anche al bilancio dello Stato. Oggi, molta acqua è passata sotto i ponti del fenomeno, molta poesia e retorica si sono dissolte per effetto del maggiore benessere collettivo.

Restano però tracce indelebili, nel mondo intero, di questa travagliata italianità fatta di stracci e di buona volontà, di miserie e di nobiltà senza pari.

Molti nostri compatrioti si sono radicati nel tessuto connettivo dei paesi che li hanno ospitati. Parecchi di loro hanno scelto una seconda patria da servire e da onorare. Tanti non pensano di ritornare più al paesello di origine, preferendo lasciare in terra non più estranea gli affetti e le memorie di un tempo che fu. Ma certamente, in tutti, v’è quell’attaccamento alle radici, quel cordone ombelicale che lega ognuno alla madre comune e che non si può spezzare.

Anche al giorno d’oggi gli Italiani vanno all’estero. Ma, sempre più frequentemente, per studiare o per fornire tecnologia avanzata, ossia l’ingegno delle proprie creazioni, il famoso "made in Italy".

E noi nasciamo con uno scopo preciso. Non solo come portavoce dell’Associazione degli Italiani all’Estero, ma anche per porgere un alito tricolore a questa nostra gente laboriosa e fiera, spesso dimenticata dagli uomini del Palazzo. Negli ultimi tempi, è vero, anche il Palazzo s’è accorto che esistono cinque milioni di connazionali oltre confine. Si susseguono le iniziative. Dopo 13 anni, si è riproposta una nuova conferenza dell’emigrazione. La UIL, il "sindacato dei cittadini", ha promosso un disegno di legge di iniziativa popolare per rendere possibile il voto a questi nostri fratelli che risiedono in terra straniera. Non vorremmo, però, che questo fervore di intraprese fosse fine a se stesso. Desidereremmo che, alle parole, seguissero fatti concreti. Noi vigileremo in tal senso. In questa ondata di riflusso, in questa sorta di ritorno ideale dalle Ande agli Appennini (non a caso la nostra Associazione ha sede in Firenze), noi opereremo, da un lato sollecitando le Autorità ad una maggiore e più incisiva presa di coscienza dei numerosissimi problemi connessi al fenomeno fisiologico dell’emigrazione, e dall’altro offrendo la nostra assistenza morale e, in certi casi, anche materiale, nella ricerca delle soluzioni ai temi che ci verranno proposti.

Un compito che ci sarà reso più facile se i nostri lettori all’estero (che verranno raggiunti capillarmente anche attraverso le nostre rappresentanze consolari e commerciali, gli Istituti di Cultura, ecc.) ci faranno conoscere i loro quesiti, le loro speranze e le loro proposte.

Noi ospiteremo tutto questo materiale su questo giornale che nasce a 12 pagine, ma che è destinato ad aumentarle in proporzione alle risposte che saprà suscitare.

Buon lavoro, dunque, a voi che ci leggete ed a noi che lavoriamo per voi e... "forza Italia".

 

D.F.


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