E' sorprendente scoprire che i programmi proposti dai candidati che corrono per coalizioni e partiti divisi da aspre polemiche sono sostanzialmente simili.
La sorpresa si stempera quando si riflette sul fatto che le problematiche affrontate dai programmi sono la somma di aspettative che si sono accumulate nel corso degli ultimi cinquant'anni.
Hanno quindi riferimenti essenzialmente pratici e concreti le richieste che i diversi candidati propongono per l'approvazione all'elettorato ed ogni ricerca di differenziazione su base ideologica non trova adeguata corrispondenza.
Sembrerebbe razionale quindi chiedersi perché ci sia tanta acrimonia fra i diversi schieramenti che ricercano il voto degli Italiani all'estero quando gli obiettivi concreti perseguiti appaiono in gran parte comuni e non si ricerchi invece l'unità della rappresentanza.
Sembrerebbe razionale, appunto.
Il problema di fondo è che questa campagna elettorale, di cui anche il voto degli Italiani all'estero è l'obiettivo, non è razionale, essa non solletica l'intelligenza, non incoraggia la voglia di partecipare, di suggerire, di farsi coinvolgere, di scegliere con fiducia il candidato ritenuto più onesto, capace, volonteroso, preparato.
Essa è stata trasformata dalla sinistra, anche nelle circoscrizioni estero, in un plebiscito pro o contro il governo in carica, o meglio pro o contro l'attuale Presidente del Consiglio, nell'illusoria presunzione che cambiandolo tutti i problemi troveranno una soluzione.
In questa violenta contrapposizione, soprattutto verbale e personale, le preoccupazioni degli Italiani all'estero, appaiono sfuocate e lontane: i consolati non funzioneranno meglio, il mondo non comincerà a parlare italiano, i pensionati non navigheranno improvvisamente nell'oro qualunque coalizione riporti il successo.
Nessuna speranza quindi di portare a soluzione i problemi?
La speranza c'è e può diventare certezza se alla base della scelta degli elettori non ci sarà l'acquiescenza verso la demagogia della coalizione della sinistra, apparentemente unita, divisa invece nella sostanza su quasi tutti i problemi, capace di proporre libri dei sogni e non programmi, ma una scelta responsabile e meditata basata non sulla tessera di appartenenza del candidato, ma sulla sua capacità di operare, la determinazione, la volontà, lo spirito di servizio verso le comunità.
Fra i molti problemi che devono trovare, dopo anni di attesa, il doveroso avvio verso una soluzione ve ne sono alcuni che non richiedono grandi risorse, ma solo volontà e sono indicativi di uno stato d'animo verso i connazionali all'estero.
Pochi sanno, ad esempio, che i connazionali residenti in Paesi che non fanno parte della Unione europea hanno diritto all'assistenza sanitaria per un periodo massimo di 90 giorni all'anno nel corso delle loro visite in Italia, trascorsi i quali dovranno far fronte personalmente ad ogni ulteriore spesa.
Risulta difficile pensare che ci siano frotte di connazionali che dai vari Paesi del mondo non aspettano altro che venire a farsi ricoverare nel nostro Paese. E' presumibile quindi ritenere che l'abrogazione di questa norma non costituirebbe un aggravio di spesa eccessivamente oneroso per le casse dello Stato, ma sarebbe una indicazione di tendenza ed un segnale di attenzione nei confronti dei connazionali residenti all'estero.
Candidato alla elezione alla Camera dei Deputati mi pare logico prospettare l'abolizione di ogni limitazione temporale al diritto dell'assistenza sanitaria, un diritto primario del cittadino, al fine di eliminare una odiosa discriminazione fra italiani, già proposta con un ordine del giorno nel Consiglio Generale degli Italiani all'estero ma respinta dalla maggioranza di sinistra del Consiglio stesso nella sessione invernale del 2005 ed approvata finalmente con qualche esitazione in quella successiva, nella convinzione che i diritti si acquisiscono anche iniziando con piccoli passi, indicativi tuttavia di un mutamento di atteggiamento verso una comunità, i connazionali all'estero, rimasta per troppo tempo senza voce.
Per farlo è sufficiente la volontà di chi li rappresenta e non la tessera e l'appartenenza ad un partito.
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