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Articolo di Franco Santellocco

Mediterraneo, sicurezza e stabilità alla riunione 5+5


E' passato quasi sotto silenzio, ma un passo importante sulla via di una trasformazione del Mare Mediterraneo in un lago di pace è stato compiuto nei giorni scorsi quando si è riunito ad Algeri il vertice dei ministri della Difesa di Algeria, Marocco, Libia, Mauritania e Tunisia, Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Malta.
I processi di pacificazione seguono spesso procedure lunghe e complicate, i Ministri colloquiano e discutono, emettono comunicati, stringono accordi economico/commerciali e culturali, ma non sempre riescono a vincere le diffidenze reciproche, che resistono anche oltre le buone relazioni economiche.
Tuttavia una riunione di più Ministri della Difesa intorno ad un tavolo per stringere accordi di cooperazione, per mettere in comune risorse e procedure, per individuare e mettere in atto pianificazioni a lungo termine è un segnale di profondo ottimismo.
Tali riunioni infatti sono precedute, come tutte quelle di livello ministeriale, da incontri a livello tecnico, dove Ufficiali delle diverse Nazioni mettono in comune le rispettive capacità, imparano a conoscersi ed a muoversi fra i meandri di abitudini, consuetudini, modi di pensare e di reagire profondamente diversi, avendo tutti in comune l'obiettivo di lavorare insieme.
E nel momento in cui i militari si confrontano parlando la pace sta vincendo.
L'Italia è partita da lontano, con lungimiranza, nell'affrontare un'impresa che pareva impossibile: colmare il profondo fossato di rancori e diffidenze che una lunga, sanguinosa, crudele guerra di liberazione aveva tracciato in particolare fra l'Algeria e la Francia, cui comunque venivano associate le Nazioni nord-mediterranee.
Si guardava con allarme alla vicinanza all'Unione Sovietica della dirigenza algerina, uscita in massima parte dalle fila dell'Esercito di Liberazione Nazionale (ALN) e formata per lo più nelle scuole sovietiche e nasseriane, ed alla minaccia che proveniva al nostro Paese dal fronte Sud: qualcuno però aveva maturato la sensazione che l'Algeria non cercasse nuovi padroni, ma amici, rispettosi della ritrovata indipendenza.
Consapevoli che ancora per lungo tempo la dirigenza politica di quel Paese sarebbe uscita dai ranghi delle Forze Armate, nel 1967 l'Accademia Navale di Livorno apriva le sue porte agli Allievi Ufficiali algerini.
La fortunata scommessa del gasdotto che attraverso il Mediterraneo trasportava linfa vitale verso l'Italia, la entusiasmante visita del Presidente Pertini, l'aiuto generoso in occasione del terribile sisma di El Asnam nel 1980, aprirono spiragli nella diffidenza algerina.
Ciononostante nulla fu facile. Gli algerini erano degli interlocutori duri, difficili, sospettosi e talvolta arroganti: la strategia del tutto o niente si era rivelata pagante nella lotta contro la Francia e continuava spesso a venire applicata anche nelle mutate condizioni, portando acqua al mulino di coloro, ed erano tanti, che si opponevano ad una politica di lento riavvicinamento.
D'altra parte l'intera regione nord-africana appariva sconvolta da rivalità profonde, da incomprensioni, da laceranti conflitti, anche personali, fra leaders politici: vi sono problemi tuttora irrisolti che dividono nazioni confinanti, come ad esempio la sorte del territorio dell'ex Rio de Oro, occupato dal Marocco e di cui una parte della popolazione rivendica l'indipendenza.
L'Algeria, in particolare, ha vissuto un terribile travaglio, pagando un immane tributo di sangue e di violenza, nell'incomprensione e nella freddezza dell'intero mondo politico occidentale, nel tentativo fortunatamente ormai riuscito, di impedire l'instaurarsi di un regime teocratico fondamentalista sulle sponde del Mediterraneo
Ed ora finalmente ci si siede intorno ad un tavolo e si tratta su argomenti, anche militari, di grande rilevanza, quali il controllo del traffico aereo e marittimo e dell'impiego delle Forze Armate in caso di calamità naturali. E' appena il caso di sottolineare che accettare forme di controllo e l'eventuale presenza sul proprio territorio di soldati appartenenti ad altra Nazione è una prova di altissima fiducia, soprattutto per Paesi di recente indipendenza.
E' tutto facile ormai? Certamente no, ma una porta è aperta ed una strada è tracciata verso una rafforzata cooperazione fra le due sponde del Mediterraneo.
Essa potrà essere percorsa in futuro da quelle schiere di tecnici che si adoprano per esportare non solo materiali, ma conoscenze, relazioni, rapporti personali.
Molti li hanno preceduti, in condizioni difficili, ed hanno duramente lottato per conquistare fiducia e con essa mercati e lavoro.
Le mutate condizioni che sembrano proporsi sono una sfida per il coraggio e l'intraprendenza di chi avrà voglia di misurarsi con la ricerca di modernità dei Paesi emergenti della sponda Sud del Mediterraneo.