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Articolo di Franco Santellocco

Nuova strategia della Banca Mondiale

 

In questi mesi, qualcosa sembra muoversi nella giusta direzione in seno alla Banca Mondiale: quell'istituzione internazionale che pur avendo la nobile missione di combattere la povertà del pianeta ha ottenuto ben pochi risultati in 60 anni di attività.
Nessuno ha dimenticato l'infausto epilogo toccato a quel fiore all'occhiello della Banca Mondiale che era l'Argentina. Finalmente anche questa importante realtà comincia a scuotersi dal sonno imperturbabile che lo ha attanagliato per oltre mezzo secolo, e a compiere i primi passi lungo l'impervia strada della lotta alla fame nel mondo.
Questa ripresa dello spirito che aveva animato i padri fondatori della Banca Mondiale coincide con la nomina di Paul Wolfowitz a Presidente dell'istituzione. Quello che fino a non molto tempo fa era considerato soltanto l'architetto della guerra in Iraq, come vice del Ministro della Difesa Donald Rumsfeld, e colui che aveva disegnato la caduta del regime di Saddam Hussein, è riuscito a stupire anche i più scettici. Come del resto è rimasto stupito chi temeva che Wolfowitz avrebbe piegato gli scopi della Banca alle necessità politiche dell'amministrazione Bush: nell'ultimo incontro della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale tenutosi a Washington la settimana scorsa, il "falco" dei conservatori ha svolto un ruolo essenziale nel far accettare alla Casa Bianca la cancellazione di 40 miliardi di debiti di alcuni tra i Paesi più poveri del mondo.
Non solo: Wolfowitz ha sostenuto di essere dalla parte dei cinquantamila giovani che guidati da Nelson Mandela, fuori dal vertice del G8 in Scozia a Luglio, chiedevano di "rendere storia la povertà". Ha sottolineato che la priorità deve restare l'Africa, ed ha chiesto un aumento sostanziale degli aiuti allo sviluppo.
Del resto, la buona volontà e lo spirito d'iniziativa del nuovo Presidente della Banca Mondiale non si sono fermati alle dichiarazioni ufficiali. Lentamente, ma inesorabilmente, Wolfowitz ha cominciato a modificare le priorità dell'istituzione e, di conseguenza, il suo modus operandi. Prima di tutto, vuole mettere un freno ai grandi progetti, che rendono moltissimo in termini di visibilità ma ben poco in termini di aiuto concreto allo sviluppo: il nuovo obiettivo sarà la realizzazione di interventi locali, più piccoli ma mirati, magari condotti insieme a partner privati al fine di dare una scossa dalla base alle economie più disastrate, soprattutto africane.
Come non ricordare, a questo proposito, i tanti progetti condotti con sacrificio e abnegazione dal variegato mondo dell'associazionismo, finora lasciato da solo a combattere sul campo il dramma umano di un Continente in agonia? 
Questo giro di boa della Banca Mondiale apre la porta a soluzioni nuove, e ci dà la speranza di vedere finalmente un importante Ente internazionale lavorare fianco a fianco insieme al mondo dell'associazionismo privato, per camminare nella stessa direzione lungo la strada dello sviluppo sostenibile e per la costruzione di una realtà migliore per le generazioni che verranno.
Il nuovo Presidente ha finalmente spiegato a chiare note ai demotivati dirigenti della Banca che le novità non vanno cercate in nuove "visioni" maturate negli uffici di Washington, ma nella determinazione che molti leader africani stanno dimostrando "nel combattere la corruzione" e nel creare un entroterra favorevole alla crescita dell'economia. 
C'è un'opportunità sul campo, dice il neo-conservatore dell'Iraq, ed è a questa che la Banca Mondiale dovrà rispondere. 
Gli oltre settemila burocrati che oggi siedono dietro una scrivania a Washington, ha detto Wolfowitz, si preparino a rimboccarsi le maniche ed a partire per dove serve: il sentiero del denaro investito andrà monitorato e seguito passo per passo.
Parola di "falco".