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Articolo di Franco Santellocco 

Zapatero e "l'alleanza di civiltà". I rischi insiti nelle migliori intenzioni


Si è concluso il vertice internazionale su "Democrazia, Terrorismo e Sicurezza" tenutosi a Madrid in occasione del primo anniversario delle stragi dell’11 Marzo. Il summit fortemente voluto dal premier spagnolo Zapatero, si proponeva di elaborare un’Agenda contenente le linee guida di "una strategia comune per affrontare ogni forma di terrorismo attraverso mezzi democratici".

Lodevole iniziativa. Nella grande sfida del terzo millennio, lotta contro il terrorismo ed il fondamentalismo, ogni contributo (anche teorico) è importante, ed il vertice da poco conclusosi ha saputo lanciare spunti di grande interesse.

Al Segretario Generale dell’ONU Kofi Annan il compito di tirare le somme dell’incontro nel suo intervento conclusivo. In sostanza, si propone il lancio di una vera e propria strategia d’azione contro il terrorismo basata su cinque punti fondamentali: dissuadere le frange estremiste dalla scelta del terrorismo come tattica per raggiungere i loro obiettivi; negare ai terroristi i mezzi d’azione; scoraggiare gli Stati dal sostenere i terroristi; sviluppare a livello di Stato la capacità di prevenire il terrorismo; difendere i diritti umani nella lotta contro il terrorismo.

La proposta è ampiamente articolata, e non serve entrare nel dettaglio per scorgerne i pregi: in primo luogo, è certamente importante la condanna totale verso ogni forma di terrorismo in essa contenuta. Non solo: rilevante è anche l’idea di non limitarsi ad ipotizzare interventi specifici, ma di lanciare una strategia generale e di lungo periodo che affronti il problema del terrorismo nella sua totalità, cercando di andare oltre a quella ramificazione che è anche uno dei principali ostacoli posti sulla strada di chi cerca di estirpare questo "asse del male".

Malgrado i positivi elementi messi in luce, quanto emerso dalla conferenza di Madrid rischia di alimentare anche una contraddizione di fondo, capace potenzialmente di inficiare l’intero meccanismo prefigurato, affascinante ma difficilmente concretizzabile. Ci riferiamo in particolare al ruolo che la democrazia deve giocare nella lotta contro ogni forma di terrorismo.

Senza alcun dubbio, la democrazia è e deve continuare ad essere il tratto caratterizzante della civiltà occidentale, un valore fortemente identitario che è anche la nostra più grande forza in questo delicato momento storico.

Ma mentre questa democrazia, elemento che ci contraddistingue e di cui ci facciamo vanto, deve essere la base di qualunque strategia ed azione che si decida di portare avanti, il vertice ospitato da Zapatero sembra volerla trasformare nel mezzo stesso dell’azione.

Concetto affascinante e sintomo di grande idealismo, ma la domanda, inevitabile, è: come ? Perché al di là della retorica, pretendere di usare la democrazia come mezzo d’azione non ci appare una proposta concreta e capace di tradursi in realtà, salvo voler continuare a fare quello che l’ONU ha fatto negli ultimi cinquant’anni. Molto poco, in realtà, al di là di una dialettica prolissa e di un’abbondante produzione di documenti.

Questo della grave mancanza di concretezza dell’incontro di Madrid è un sospetto che ci viene confermato se dall’analisi generale della proposta di "strategia democratica contro il terrorismo" passiamo a quella delle nebulose linee di attuazione prefigurate per tale strategia. Si parla di istituzione di gruppi di lavoro, adozione di Raccomandazioni, stipula di Convenzioni: insomma, si continua ad accumulare carta. Si parla di limitazione di accesso al nucleare, ma senza sfiorare l’argomento della promozione e dello sviluppo di fonti alternative di energia.

Francamente, un approccio di questo tipo, per quanto lodevole nelle intenzioni, non lascia grandi speranze sulle possibilità di emergere dall’immobilismo che attanaglia l’ONU. Abbiamo l’impressione che permanga un errore di fondo: l’idea che la democrazia sia una sorta di panacea di tutti i mali, sufficiente già di per sé a sconfiggere la minaccia del terrorismo.

Alla base di questo errore vi è in realtà la convinzione profonda del primato del nostro modello democratico rispetto ad ogni altro, e quindi l’ottimistica idea che il nostro trovarci nel "migliore dei mondi possibili" sia già di per se la più grande delle garanzie. Ma la storia ci insegna che nessuna civiltà è in assoluto perfetta, e che l’adagiarsi sui risultati ottenuti contiene già i germi del declino: l’Impero Romano fu schiacciato dalla sua ignavia nell’affrontare le orde barbariche che premevano sui confini, e le pur civilissime Repubbliche marinare italiane finirono anch’esse distrutte dall’oscurantismo.

Gli esempi di cui la storia è disseminata dovrebbero metterci in guardia: guai se pensassimo di poter dormire sotto la coperta della democrazia, sognando che essa ci possa proteggere per un suo qualche intrinseco primato. Essa non rappresenta un mezzo di azione, ma un bene prezioso da preservare e tutelare con strategie concrete e strumenti efficaci: è condizione necessaria, ma non sufficiente per la vittoria di questa titanica sfida che ci troviamo di fronte.

Speriamo che questo sia ben chiaro a chi parla di "strategia democratica", e che linee di azione efficaci vadano presto ad affiancare quell’ideale di democrazia che è giustamente il nostro vanto, ma che senza un adeguato supporto rischia di diventare null’altro che l’ennesima civiltà surclassata ed estinta. Ed a quel punto anche a tutti noi, relitti di un’altra epoca, resterebbe davvero ben poco da fare.