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Articolo di Franco Santellocco

I professionisti del sociale: il fenomeno ONG.  

 

Negli ultimi anni, di pari passo con la progressiva e sempre più grave crisi dell’Onu e della cooperazione tradizionale, siamo stati testimoni dello sviluppo e del proliferare di quelle Organizzazioni non governative che operano ormai in ogni parte del mondo e che, sempre più alla ribalta, vengono celebrate da tutti i mezzi di informazione per la loro attività in prima linea nelle zone più povere e “calde” del pianeta.

E’ bello vedere tanti giovani motivati ed impegnati, che si mettono direttamente in gioco per portare il proprio contributo là dove ce n’è più bisogno, nel quadro di una cooperazione sempre più “allargata” e che va ormai ben al di là di quella che ne è la dimensione “istituzionale” o “governativa”, le cui falle sono purtroppo sotto gli occhi di tutti.

E’ un contributo importante e che va positivamente sottolineato, anche perché come sempre, quando si parla di cooperazione, si parla in primis di Africa. Di quel continente in agonia che è il simbolo, drammatico e vivente, delle ancora troppe storture del nostro mondo “civile” e dei tragici fallimenti di una cooperazione internazionale che dovrebbe fare un profondo esame di coscienza, traendo un bilancio dei risultati ottenuti e riformando drasticamente il proprio modello d’azione.

Allo stesso tempo, si fa un po’ fatica a trarre un bilancio complessivo dell’operato di queste Ong, che per molti aspetti restano un mistero. Infatti, quello che è il punto di forza di questa realtà di cooperazione, ossia la sua frammentarietà e settorialità, ne è anche la più grande debolezza. 

Se da un lato, infatti, queste caratteristiche danno alle Ong una grande versatilità e capacità di adattamento agli infiniti problemi che la realtà concreta comporta in situazioni di tale disagio, d’altra parte connotano l’operato di tali enti di una certa “schizofrenia” congenita, che ne impedisce una chiara valutazione dell’efficacia.

In sostanza, con l’esplosione del fenomeno Ong, ci troviamo oggi in presenza di un enorme calderone di Organizzazioni, proposte, progetti ed interventi di ogni tipo. Ben vengano. E’ tristemente noto il dramma in cui si trovano l’Africa e gran parte del mondo, e c’è un pressante bisogno del contributo di tutti, nessuno escluso, per cercare una soluzione efficace. Ma è proprio sull’efficacia che può sorgere qualche legittima riserva.

Quante delle innumerevoli Ong presenti in tutto il mondo, italiane e non, riescono infatti a portare a termine progetti concreti che vadano ad incidere in modo serio sulle realtà in cui si inseriscono? Quante di esse riescono a coordinare i loro differenti interventi, per guardare con lungimiranza ad un risultato di lungo periodo? 

E’ di questi giorni la notizia che le “due Simone”, come ormai chiamate da tutta Italia per l’influenza dei Media, sono ripartite alla volta della Giordania (anche se per breve periodo).

Pur suscitando ammirazione l’altruismo e la dedizione che queste ragazze poco più che ventenni continuano a mostrare, certo vi è anche una componente di preoccupazione. Dopo la drammatica vicenda che le ha coinvolte in Iraq, che ha tenuto l’Italia intera col fiato sospeso fino al momento della provvidenziale liberazione ottenuta grazie all’intervento a tutto campo del Governo e dell’intero mondo politico, forse saremmo più tranquilli nel vederle impegnate in altre forme di cooperazione altrettanto importanti ma meno rischiose. 

Alcune volte andare a stuzzicare il can che dorme, oltre che controproducente, può portare conseguenze imprevedibili. E sfidare la sorte non è mai un gioco conveniente.

Magari, sarebbe stato bello vedere all’opera, con il loro prezioso bagaglio di competenza ed esperienza, non di nuovo le “due Simone” in coppia, ma Simona Pari e Simona Torretta, a lavorare per il prossimo in posti diversi, con la consueta generosità, ma spezzando questo fastidioso binomio imposto dall’influenza mediatica.

Per tirare le somme, l’intervento diretto nelle zone “calde” del nostro martoriato mondo è importante e deve essere apprezzato ed incentivato. Ma allo stesso tempo deve essere un intervento ponderato, efficace, che produca frutti duraturi che ne mostrino il valore. 

L’altruismo, la dedizione ed il coraggio della sfida sono ottimi punti di partenza, ma da soli non bastano: rischiano di restare grandi potenzialità che poi vanno sprecate nel caos della realtà attuale.

In quest’ottica, forse non guasterebbe una più attenta regolazione e monitoraggio del fenomeno delle ONG, visti anche gli ingenti finanziamenti, sia pubblici che privati, cui queste ultime hanno accesso. 

Un intervento in tal senso consentirebbe a queste stesse Organizzazioni di lavorare al meglio, sfruttando appieno le proprie potenzialità e ottimizzando le risorse di cui dispongono in funzione degli obiettivi da perseguire. Allo stesso tempo, ci consentirebbe di capire meglio questo fenomeno frastagliato e complesso che è il mondo, affascinante ma francamente un po’ caotico, delle ONG.