Non ha avuto un effetto rassicurante la relazione sugli atti del governo per gli italiani all’estero che, riportata dal ministro Adriano Benedetti, ha aperto oggi, 7 dicembre, i lavori della assemblea plenaria del Cgie. Dopo aver sentito la risposta di Franco Narducci, Segretario Generale del Consiglio, molti consiglieri hanno chiesto di intervenire nel dibattito per dire la loro.
Marco Fedi (Australia) ha invitato i colleghi a “guardare in faccia la realtà” per predisporre e rinforzare la rete di tutela e di solidarietà per i connazionali in difficoltà visto che, ormai è chiaro a tutti, con la riduzione delle risorse dai consolati alle pensioni la rete di assistenza si sta molto allentando e il momento storico non lo permette.
Ampliare la rete consolare per scaricare il peso del lavoro su più sedi è invece quanto proposto dall’onorevole Gianni (Rif. Comunista), unico parlamentare oggi presente all’assemblea. L’insostituibilità dei patronati, nonostante il clima antisindacale che si respira nella maggioranza, ha detto il deputato di Rifondazione, non può essere negata. Come è innegabile che avere un’anagrafe veritiera è indispensabile per le consultazioni che hanno bisogno di un quorum per dirsi efficaci. Per avallare l’idea dell’assegno sociale Gianni ha ricordato che “non esistono solo imprenditori e ristoratori” italiani all’estero.
Per quanto riguarda la cultura, l’onorevole si è volutamente riferito ai recenti fatti di Mosca quando ha detto che “ per valorizzare la cultura italiana all’estero i nostri Istituti di cultura devono essere affidati a persone che capiscano anche la cultura e le tradizioni del Paese ospitante”.
Per evidenziare la situazione drammatica dei consolati tedeschi Mauro Montanari (Germania) si affida ai numeri e alle proporzioni. Francoforte, 135 mila italiani assistiti da 12 addetti consolari; Colonia, 133 mila italiani per 3 addetti consolari; Stoccarda, 160 mila italiani e 3 digitatori.
Fa invece pesante autocritica Giovanni Farina (Francia) che invita i colleghi a rileggersi gli atti della I assemblea del Cgie, avvenuta 4 anni fa, per vedere quali e quante cose erano state dette e poi disattese. In particolare, ha sottolineato Farina, non solo non si parla più di riforma del Cgie, ma si cerca anche di delegittimarlo. “Il voto del 2006 non deve essere la nostra ora x, non è uno spartiacque: c’è gente anche tra noi, che lavora da anni per gli italiani all’estero e continuerà a farlo”. Auspicando, poi, la convocazione della II Conferenza Nazionale dell’Emigrazione, ha ceduto la parola a Claudio Micheloni (Svizzera) che ha esordito dicendo che “come in ogni giornale, anche nella relazione del governo c’era una cosa vera e una cosa giusta: è giusta la data è vero l’impegno”. E basta, a suo dire. Passa a sciorinare i dati a sua disposizione: in Germania i consolati non rispondono più al telefono, in Spagna i consoli onorari sono in sciopero e l’anno prossimo in Svizzera perderanno un terzo delle risorse. Dopo aver paragonato la legge 153 al mostro di Lockness perché “negli anni appare e scompare magicamente” e aver sottolineato il mancato accenno alla Conferenza Stato- Regioni-Cgie che deve essere indetta entro il 2005, Micheloni ha raccolto l’applauso più convinto dei suoi colleghi evidentemente d’accordo con lui.
Alberto Di Giovanni, consigliere neo eletto in Canada, ha invece riportato l’attenzione sul problema-cittadinanza che, a suo dire, non solo è il più urgente di tutti, ma è anche propedeutico a qualunque votazione che “solo se coinvolge tutti gli italiani all’estero potrà dirsi veramente democratica”.
Un intervento seguito con interesse è stato quello di Anna Di Stefano, Dirigente dell’Aire Centrale al Ministero dell’Interno. La Di Stefano si è detta per prima cosa “dispiaciuta della notevole diffidenza che il Cgie ha nei confronti del lavoro dei comitati, che invece, stanno lavorando alacremente e su più fronti”: l’informatico lavora all’allineamento delle anagrafi, il normativo studia possibili riforme anagrafiche che rendano più chiara la comunicazione che deve intercorrere tra comuni e consolati, un terzo comitato lavora , infine, alle tabelle territori/stati. Non ha mancato di sottolineare, la Di Stefano, che bisogna inculcare nei nostri connazionali il diritto-dovere all’aggiornamento dei dati: se loro non comunicano gli spostamenti, il governo non può esserne incolpato.
A Domenico Azzia (Unaie) che lamentava la scarsa visibilità nazionale del Cgie è seguito l’intervento di Franco Santellocco (Algeria) che invece ha accusato il Consiglio di non guardare al futuro e di essere troppo burocratizzato. Ad Alberto Bertali che si è chiesto a quale politica estera mira il Governo se taglia i fondi soprattutto alla Farnesina, ha chiuso la tornata degli interventi Giorgio Mauro (Olanda) con un “più spazio alle Commissioni e meno ai Comitati di Presidenza”.
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