News

N

e

w

s

Articolo di Franco Santellocco

Interventi regionali: un esempio da imitare  


Il trend, iniziato nel 2001 ed in costante ascesa, verso una maggiore autonomia delle Regioni e degli altri Enti locali, costituisce un indubbio sintomo di civiltà, che permetterà di valorizzare al meglio, pur nel rispetto di quelle che restano le competenze inderogabili dello Stato, le peculiarità e l'identità di tutte le numerose collettività di cui da sempre si compone, e si caratterizza, la nostra Italia.
Questa nuova realtà che va ad incidere su uno Stato, quale è il nostro, oppresso da un dannoso eccesso di burocrazia e centralizzazione, sta già provocando drastici cambiamenti nella ripartizione dei compiti tra i diversi livelli di Governo. Uno dei settori su cui la riforma si sta ripercuotendo è quello, di importanza cruciale, della cooperazione allo sviluppo.
Inutile soffermarsi sulla drammatica attualità del tema. Sono sotto gli occhi di tutti le stragi che ogni giorno si continuano a perpetrare nel Darfur: una regione del Sudan divenuta il triste simbolo di un'Africa che sprofonda giorno dopo giorno nel baratro della miseria, dell'odio, delle guerre civili. 
I giornali fanno giungere fino a noi solo una lievissima eco del grido di un continente in agonia. La povertà sempre più drammatica fa esplodere in ogni parte dell'Africa i focolai della guerra, come in Somalia, come in Costa d'Avorio. E dove la guerra non viene a galla si espandono, come una febbre endemica e silenziosa, i fanatismi delle dottrine fondamentaliste, che trovano nella miseria e nella disperazione un terreno fertile per attecchire.
Di fronte a tutto questo, la reazione dei Governi occidentali è stata per lungo tempo lenta, inefficace, inadeguata. L'obsoleta legge italiana sulla cooperazione allo sviluppo attende radicale rivisitazione.
La lungimirante idea di un Piano Marshall per l'Africa, nonostante il sostegno sincero anche di autorevoli membri del nostro Governo, fatica a tradursi in realtà.
Non appare migliore la situazione sul versante internazionale, con un'ONU ben poco risolutiva e che, senza un rapido cambiamento di rotta, rischia di somigliare preoccupantemente a quell'esperimento di cooperazione fallita che è stata la Società delle Nazioni.
In questa situazione, ove le Istituzioni statali dei Governi occidentali appaiono poco o nulla incisive, e faticano a trovare il proprio posto nella storia, una speranza per il ruolo dell'Italia ci viene proprio da questa riforma, che valorizzando le autonomie regionali potrebbe portare una ventata di efficienza e spazzare via, almeno in parte, disfunzioni burocratiche quanto meno imbarazzanti.
Le competenze delle Regioni si stanno infatti ampliando a possibilità pressoché illimitate, ed impensabili fino a pochi anni fa, anche nel campo dei rapporti internazionali e della cooperazione.
È di questi giorni la notizia che la Regione Toscana, al 2003, risulta aver investito nella cooperazione internazionale con il solo Medio Oriente più di cinque milioni di Euro, con oltre sessanta progetti. L'Africa ha un posto d'onore nel programma di cooperazione della Toscana, con 21 Paesi interessati e più di cinquecento progetti attivati nell'ambito delle due grandi emergenze del Continente: acqua ed aids. È una realtà stupenda, che ci dimostra di come, con impegno e buona volontà, una cooperazione diversa e più efficace è possibile. Non solo: è un dovere di fronte al quale i nostri Paesi non devono voltare le spalle, perché le grandi sacche di disperazione che in questi anni si sono lasciate crescere a dismisura senza far nulla premono oggi ai nostri cancelli, pretendendo soluzioni che diano nuova speranza a chi ha smesso di credere in un futuro migliore. Le grandi migrazioni che stiamo vivendo, unitamente alla minaccia del terrorismo internazionale che sta segnando questo secolo, sono un segnale d'allarme che non può essere ulteriormente ignorato.
La cooperazione decentrata sta crescendo, ed è diventata uno dei grandi temi della politica regionale, come evidenziato da più di un Governatore Regionale.
È sempre di questi giorni l'adesione della Regione Marche al progetto di cooperazione bilaterale Italia - Croazia, promosso dal Ministero dell'Economia. Al progetto partecipano anche Abruzzo e Friuli Venezia Giulia, sintomo di un dinamismo regionale che era sconosciuto all'immobile e mastodontico apparato statale. Il Presidente della Giunta marchigiana Vito D'Ambrosio ha puntualizzato che "la Regione Marche crede nella collaborazione tra territori, che deve in particolare rafforzarsi tra i Paesi delle due sponde dell'Adriatico". Un'idea assolutamente condivisibile, da estendere però all'intero Mediterraneo per ricostituire, su quest'unico mare comune a due Continenti, quell'unità di relazioni economiche e matrici culturali tanto cara a Fernand Braudel. Sempre tendendo a quell'obiettivo finale, ambizioso e stupendo, della creazione di un unico Continente Solidale esteso dall'Europa all'Africa, per costruire insieme un futuro migliore.
Dobbiamo sperare che il dinamismo e la sensibilità a queste tematiche, dimostrati da tante Regioni, siano di esempio a tutte le nostre Autonomie locali, affinché nessuno, adagiandosi, ripeta gli errori per troppo tempo compiuti. Soprattutto, dobbiamo sperare che, portando una ventata di rinnovamento, spronino lo Stato a farsi finalmente carico delle sue sacrosante responsabilità, e ad agire in maniera reale ed efficace per essere sintesi e completamento, al più alto livello, dei tanti e diversificati interventi delle numerose realtà da esso racchiuse.