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Articolo di Franco Santellocco

Abruzzo forte e gentile 


Vorrei cominciare queste brevi riflessioni riportando le frasi di un giornalista e scrittore del XIX secolo, amico del Crispi, che seppur emiliano d'origine e capitolino d'adozione diede della mia terra la più felice, longeva e suggestiva definizione. Spesso infatti la letteratura attribuisce questo che potremmo definire un riuscito slogan, a Gabriele D'Annunzio, ma in realtà fu di Primo Levi (quello "senior" per non confonderlo con il più giovane e contemporaneo Levi torinese, prigioniero ad Auschwitz).
"V'ha nella nostra lingua, tutta, in sé stessa, semplicità ed efficacia, una parola consacrata dalla intenzione degli onesti a designare molte cose buone, molte cose necessarie: è la parola Forza.
Epperò, s'è detto e si dice il forte Abruzzo.
V'ha nella nostra lingua, tutta in sé stessa, comprensiva eleganza, una parola che vale a comprendere, definendole, tutte le bellezze, tutte le nobiltà: è la parola Gentilezza.
Epperò, dopo aver visto e conosciuto l'Abruzzo, dico io: Abruzzo Forte e Gentile".
Gabriele D'Annunzio, pescarese, è stato il Vate della letteratura italiana del periodo pre-repubblicano, mentre Primo Levi, volendo dargli forzatamente una collocazione ideologica, fu uno scrittore vicino alla sinistra monarchica di fine '800. Eppure la storia li ha in un certo qual modo uniti, sia pure errando, in una definizione su cui vi spingo a riflettere.
La forza dell'ideologia, a mio avviso, deve coniugarsi con la gentilezza dello spirito in un connubio matrimoniale che faccia proprio il concetto di libertà. L'uomo d'Abruzzo, "educato dai monti alla libertà e costretto dalla roccia al lavoro" si è sempre distinto, dalle lotte contro Roma alle lotte per Roma, per la forza del suo pensiero. Basti dire che l'Italia ha attraversato tra la fine dell'800 e i primi del '900, un periodo abruzzese : Silvio Spaventa, illuminato conservatore politico con aperture sociali, Francescopaolo Michetti, la cui pittura rappresenta un Abruzzo che avrà poi ampie risonanze nella letteratura dannunziana favorendo la nascita del mito di una regione caratterizzata da un naturalismo sensuale, ma anche arcaico e quindi barbarico ed astorico; Benedetto Croce, filosofo e politico liberale (egli, napoletano adottivo, nel Discorso di Pescasseroli individua nella volontà ferma e nella persistenza e resistenza al lavoro l'abruzzesità del suo carattere). E poi ancora: Teofilo Patini, con i suoi quadri ispirati al socialismo; Ignazio Silone, con le sue testimonianze sociali e politiche della difficile vita dei "cafoni"; Francescopaolo Tosti, con la sua musica; Costantino Barbella, con l'architettura. A tutti loro va il merito di aver immesso la cultura meridionale in un contesto nazionale, sprovincializzando l'Abruzzo.
Ma a portare l'Abruzzo oltre i suoi confini geografici ci hanno pensato anche generazioni di uomini coraggiosi, pronti ad abbandonare il calore dei propri affetti per affrontare una vita lavorativa altrimenti negata. Abruzzo terra di mandrie, pastori ed emigranti dunque.
La libertà del cafone, l'affrancamento dalla miseria, il riscatto della dignità di padre cui spetta accudire i propri figli donando loro prospettive e certezze, sono passati anche attraverso la FORZA del coraggio. L'Abruzzo ha oggi più figli nel mondo che nel suo ventre e ciò in ragione della fierezza della propria gente, mai disposta ad autocommiserarsi chiedendo, ma pronta a dare con spirito di solidarietà ed altruismo; Abruzzo GENTILE appunto.
La FORZA ha una connotazione chiaramente fisica, ma anche e soprattutto ideologica, mentre la GENTILEZZA, a mio avviso, va ricercata non solo nei modi, e dunque nell'educazione sociale, quanto piuttosto nelle attitudini spirituali, etiche e morali. Nessuno assolutismo, nessun totalitarismo, nessuna coercizione, nessun potere in senso stretto può dunque definirsi FORTE e GENTILE al tempo stesso. Solo il rispetto, l'altruismo, l'umanità e la carità possono aiutare la politica ad essere FORZA e GENTILEZZA assieme.
Potremmo dunque definire la GENTILEZZA quale limite della FORZA, nella misura in cui quest'ultima riconosca e faccia propria la prima.
Chiudo queste brevi riflessioni con un grazie ad ELIO CAROZZA, Vice Segretario Generale del CGIE, abruzzese d'origine, impareggiabile direttore d'orchestra ad Amsterdam, per aver motivato questo "PENSIERO DEDICATO".