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Articolo di Franco Santellocco

Gli italiani all’estero e la riforma costituzionale 


La riforma costituzionale in corso di approvazione e che comunque entrerà in vigore nel 2011 renderà necessaria una modifica alla legge relativa al voto degli italiani all’estero poiché ha elevato a 18 il numero dei deputati eletti nella Circoscrizione estero, mentre non prevede alcun Senatore per la medesima circoscrizione. 

E’ un risultato che comunque appare più che soddisfacente a chi per decenni si è battuto per ottenere che fosse riconosciuto ai connazionali il diritto di votare nei Paesi di accoglienza, di eleggere rappresentanti residenti nella circoscrizione, in grado cioè di portare nel Parlamento nazionale la voce, le realtà, le sofferenze, le aspettative delle diverse comunità. 

E’ un risultato che sembra lasciare invece perplessa e dubbiosa quella parte politica che ha atteso lunghi decenni prima di maturare una decisione favorevole al voto delle collettività italiane all’estero. 

Si pone l’accento sulla differenza fra “qualità e quantità del voto”, si ironizza sulla “vittoria dello 0,6 per cento”, dimenticando che si è corso il rischio di vedere drasticamente ridotta la rappresentanza parlamentare di 6 componenti (un terzo della prevista attuale consistenza), se fosse stata approvata sic et sempliciter la cancellazione degli eletti in Senato. 

Sarebbe comunque opportuno in tanta confusione cercare di chiarire le ragioni che sono all’origine della abrogazione della rappresentanza degli italiani all’estero nel Senato.

Tale Istituzione, come nascerà dalla riforma costituzionali, ha carattere federale e territoriale, cioè è strettamente legato al territorio ed alle Regioni; l’articolo 131 dell’attuale Costituzione indica con rigorosa precisione le regioni italiane, e non vi compaiono la o le Regioni Estero. Una modifica dell’articolo citato risulterebbe farraginosa e complessa e comunque foriera di ulteriori scontri e lungaggini. 

Sorge qui il sospetto che chi si oppone alla modifica costituzionale mirasse con l’argomento della rappresentanza parlamentare (di cui si riconosce la grande valenza politica) proprio a mettere un bastone nelle ruote del carro che fa ne progredire il cammino ed in definitiva a far saltare l’intero complesso della riforma in corso di approvazione. 

Ancora una volta quindi gli italiani all’estero sarebbero stati usati per mere ragioni di politica interna. 

Non può non dispiacere l’assenza di rappresentanti delle comunità all’estero nel Senato della Repubblica. Si può tuttavia ragionevolmente ritenere che tale Istituzione saprà legiferare sulle materie di competenza regionale senza assumere iniziative e decisioni che interrompano l’importante flusso di relazioni già in atto fra regioni e propri corregionali all’estero.

Suscita invece perplessità che si manifesti il timore che possano venire alterati gli equilibri parlamentari dall’entità della rappresentanza della Circoscrizione estero, quasi a significare che può essere accettato o tollerato che i deputati eletti dagli italiani all’estero (quasi quattro milioni) siedano nel Parlamento nazionale, ma solo a condizione che non diano fastidio.

Tale timore nasce presumibilmente dal dubbio, che per altri invece è una speranza, che i rappresentanti delle comunità non rispondano alle Segreterie dei partiti nazionali, ma portino in Parlamento la voce di gente troppo spesso dimenticata, l’esperienza di chi ha guadagnato con sofferenza il rispetto dei Paesi di accoglienza, la maturità di chi si é adattato con saggezza a sistemi di vita diversi ed è disposto a trasferire le conoscenze acquisite nel processo legislativo del nostro Paese, in definitiva la voce vera degli italiani all’estero.

L’augurio è che questo dubbio si tramuti in realtà, che i parlamentari della circoscrizione estero sappiano essere vicini alle collettività che li hanno eletti, uniti in una battaglia che le metta finalmente al centro dell’attenzione della comunità nazionale.