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Articolo di Franco Santellocco

La questione Libia e l'immigrazione: fine dell'embargo 

 

Dopo molto tempo e diversi negoziati, l’Unione Europea ha tolto l’embargo alla Libia: passaggio fondamentale per continuare sulla strada del disgelo dopo anni di attrito ed un retaggio storico fatto di reciproche tensioni e incomprensioni, e che potrebbe diventare oggi un’alleanza strategicamente importante per l’Europa.

Non ci riferiamo soltanto alla lotta contro il terrorismo internazionale ed il fondamentalismo islamico, la cui importanza è inutile sottolineare ed a cui lo Stato moderno e laico di Gheddafi non ha mai voltato le spalle: dopo il vile attentato dell’11 Settembre, la Libia è stato uno dei Paesi arabi più rapidi ed efficaci nel condannare l’azione dei terroristi.

Ciò che qui ci preme mettere in evidenza, invece, è l’aiuto che questo Paese potrebbe dare all’Europa intera per avviare ad una soluzione il problema dell’immigrazione clandestina. 

Ci troviamo in un secolo di cui una delle caratteristiche fondamentali sono gli enormi flussi migratori. E’ un fenomeno che dobbiamo accettare come fisiologico e che non possiamo pretendere di impedire, ma che dobbiamo regolare se non vogliamo che l’Italia e l’intera Europa ne restino travolte. In questo quadro, il Paese di Gheddafi può ora svolgere un ruolo chiave. La stragrande maggioranza degli immigrati che invadono ogni giorno le già ampiamente martoriate coste delle Regioni dell’Italia meridionale partono infatti da Tripoli. E’ la Libia lo snodo chiave nel vile business dell’immigrazione clandestina.

Questa circostanza è dovuta a diversi fattori. Non ultimo, quello dell’enorme difficoltà trovata dal Governo Libico nel controllare efficacemente le proprie acque territoriali, anche per mancanza di strutture e mezzi.

Adesso, con il superamento dell’embargo, nonché al ritrovato equilibrio di collaborazione e fiducia tra la Libia ed il nostro Paese, di cui è prova l’Accordo siglato con Gheddafi dal nostro Ministro Pisanu, sarà finalmente possibile armonizzare la giusta collaborazione con positive ricadute su tutto il Maghreb. 

Oggi c’è forse una possibilità concreta di realizzare l’ambizioso obiettivo esposto dallo stesso Pisanu: l’azzeramento degli sbarchi di clandestini sulle nostre coste.

In questa prospettiva, partirà già dal 5 Ottobre il piano “Nettuno 3”: cooperazione tra Italia e Malta per un pattugliamento completo via mare e aria delle acque più battute dai clandestini. A completare il quadro, si auspica che vengano rapidamente ed efficacemente applicati anche tutti gli altri accordi conclusi in materia, a partire dal programma di addestramento congiunto dei militari libici da parte dei nostri poliziotti: un importante progetto di formazione, che consentirà ai destinatari di apprendere tutti gli elementi necessari al contrasto degli imbarchi, le tecniche di intercettazione ed investigazione, il riconoscimento dei documenti falsi.

Sembra che, finalmente, siano finite le “fasi transitorie” ed i buoni propositi mai attuati: sono già partite da Genova mille tende con destinazione Tripoli, per aiutare la Libia a gestire con efficacia il problema già sorto delle migliaia di profughi che ne affollano le coste. 

Puntuali “Trattati Bilaterali” dovrebbero facilitare la creazione di un’area omogenea di cooperazione di polizia per dare a questi Paesi tutto il supporto di cui hanno bisogno per la regolazione efficace dei flussi migratori in partenza.

Basti pensare al grave problema dell’Algeria che non riesce a controllare efficacemente quella larga parte dei propri confini che si trova in zone desertiche, e da cui enormi masse di emigranti si spostano costretti dalla fame e dalla disperazione. E’ proprio traversando i deserti a sud della Libia, come quello di Ghat, che le enormi masse di disperati fino a ieri entravano in questo Paese “amico”, da cui riuscivano facilmente a recarsi in Europa.

Fino a ieri appunto. Perché i nuovi accordi di Gheddafi sembrano aver prodotto positivi, immediati effetti: i passaggi desertici a sud vengono serrati di ora in ora sempre più, ed anche il pattugliamento del lungo tratto di costa sembra già diventare una cosa seria. 

E’ l’ennesima dimostrazione che soltanto attraverso efficaci accordi ed una stretta collaborazione con tutti i Paesi dell’area del Maghreb si potranno controllare i flussi migratori, almeno nel breve periodo. Per questo, è adesso importante che l’Europa sappia mettere in moto la sua diplomazia e spingere la Libia a ratificare la Convenzione di Ginevra sui rifugiati: soltanto così l’ONU potrà intervenire anche lì per aiutare le Istituzioni ad affrontare efficacemente il problema, come già succede negli altri Paesi del Nord Africa.

Nel lungo periodo, l’unica soluzione possibile è quella di estirpare il problema alla radice: ossia vincere la fame e la miseria che spingono questi popoli a cercare in Europa una speranza di vita, fuggendo da un Continente allo stremo che ormai può offrir loro soltanto la morte.

Plauso meritano, quindi, le affermazioni del Vice Ministro Adolfo Urso che invita l’Europa a farsi carico di un piano di sviluppo per l’Africa. E’ una proposta importante, per la quale da tempo ci battiamo e che deve essere fatta propria da un’Unione Europea che voglia diventare potenza mondiale. 

Oggi, in una situazione ormai diversa da quella del secondo dopoguerra in cui fummo noi ad essere aiutati, siamo chiamati a fare altrettanto: risollevare il Continente Africano è un dovere che la Storia ci impone, e che necessita di un vero, nuovo “Piano Marshall per l’Africa”.

Spicca in questi giorni l’avvio del progetto Medrec, il Centro Mediterraneo per le Energie Rinnovabili che, voluto dall’Italia ed inaugurato a Tunisi, si pone l’ambizioso obiettivo di fornire energia elettrica prodotta con il sole, con il vento e con le altre energie rinnovabili a oltre 100 milioni di persone entro 10 anni.

Questa iniziativa, che l’Italia ha finanziato con 8 miliardi, potrà significare la riduzione della dipendenza da petrolio e quindi la promozione di uno sviluppo sostenibile in Paesi in cui la domanda di elettricità è in forte crescita. 

In un’economia globale che in questo secolo sembra caratterizzata da un’impennata irrefrenabile dei prezzi del petrolio, non è cosa da poco. Per non parlare delle ricadute benefiche in termini di opportunità di lavoro per migliaia di Africani, e quindi di contenimento di quei flussi migratori che tendiamo a combattere con mezzi inappropriati e ben poco efficaci.

Viste le conseguenze degli aiuti allo sviluppo tradizionali, spesso e volentieri sperperati in progetti votati al fallimento e destinati soltanto a far crescere l’indebitamento dei Paesi in via di sviluppo e dunque ad aggravare i problemi invece che a risolverli, la strada da seguire è quella della promozione degli investimenti, che soli possono portare occupazione, ricchezza ridistribuita, benessere. 

Si tratta di uno scambio proficuo, un vero circolo virtuoso: l’Occidente con la sua inventiva, con il know-how, con secoli di esperienza nel commercio può trovare in Africa un terreno fertile e grandi ricchezze, non da sfruttare avidamente ma da far germogliare. Da moltiplicare e ridistribuire, con benefici effetti sull’intero Continente.

La formazione e la qualificazione della manodopera rivestono anch’esse un ruolo chiave, in Paesi dove i tassi di scolarizzazione sono a livelli disarmanti. Innovativi programmi anche in questa direzione, troppo spesso tralasciata perché priva di quelle immediate ricadute d’immagine che tanto ci preme ottenere, sono condicio sine qua non per un qualsiasi sviluppo dell’area.

Programmi come il “Progetto Mediterraneo”, ormai efficacemente avviato da diversi anni e che sta formando, in Italia, giovani Maghrebini che torneranno a contribuire al benessere dei loro Paesi come periti agrari.

E’ la strada della cooperazione a tutto campo, con soluzioni veramente efficaci ed innovative. E’ la strada del “Continente Solidale”: la costruzione, insieme, di quell’unica realtà estesa dall’Europa all’Africa e la cui realizzazione è il solo modo di trovare la forza necessaria per salvare sia noi che loro.