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Articolo di Franco Santellocco

L'ONU chiede all'Africa cooperazione

 

È di questi giorni la notizia che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si è appellato ai Paesi dei Balcani e dell'Africa affinché collaborino maggiormente con i Tribunali Penali Internazionali istituiti per punire i responsabili dei crimini perpetrati nella ex Jugoslavia ed in Ruanda.
L'iniziativa, approvata all'unanimità, non può certo essere criticata in linea di fatto: i Tribunali Internazionali sono uno strumento essenziale, e svolgono un ruolo importantissimo affinché crimini abominevoli compiuti a sangue freddo da un'intera classe dirigente non cadano nell'oblio e vengano giustamente repressi.
Perché questo avvenga, resta imprescindibile una collaborazione fattiva da parte dei Governi dei Paesi interessati, troppo spesso chiusi su posizioni ostruzioniste e poco collaborativi: ecco la ratio del richiamo compiuto dall'ONU.
Un richiamo di per se giusto e legittimo, che si inserisce appieno in quell'ottica di repressione globale dei crimini contro l'umanità che ha portato anche al proliferare negli ultimi anni di Convenzioni internazionali per la cooperazione penale, allo sviluppo del principio di Diritto Internazionale sulla "giurisdizione universale" in tali casi (accolto da diversi Stati Occidentali, primi fra tutti Belgio e Spagna), nonché all'istituzione della Corte Penale Internazionale per la gestione dei processi specificamente correlati a tali aberranti azioni criminali.
Tuttavia, non possiamo esimerci dal dire che, sebbene la collaborazione di cui si lamenta la carenza sia importantissima e, quel che è più, moralmente dovuta, troppo spesso si dimentica, o si vuole dimenticare, l'origine e la causa prima che sta alla base di simili problemi politici e sociali che finiscono spesso in tragedia.
Questa origine è molto semplice: si chiama miseria.
Una miseria, una povertà assoluta che attanaglia questi Paesi, ed in modo catastrofico l'Africa, senza lasciare alcuna via di scampo. E' un calvario attraverso cui un intero Continente si trascina da tanto, troppo tempo, e che porta con sé un inevitabile strascico di violenza, guerre, genocidi, miseria politica e sociale, oltre che economica.
Abbiamo di fronte un Continente che muore, lentamente ma inesorabilmente, e continuiamo a restare chiusi in una colpevole ed immorale indifferenza, senza nemmeno cercare una qualche via di sbocco, una qualche soluzione efficace. Ci mettiamo l'anima in pace con l'elemosina, donando i nostri "trenta denari" ad Organizzazioni Internazionali che parlano molto, ma agiscono ben poco, ed anche se in fondo sappiamo benissimo che è del tutto inutile, e che se non troviamo in fretta soluzioni diverse l'Africa sprofonderà, distrutta dalla povertà che l'attanaglia.
La catastrofica situazione dell'Africa emerge con grande chiarezza dal Rapporto del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite: nell'ultimo decennio è cresciuto di almeno cinque volte il numero degli Stati, in prevalenza della regione subsahariana, che hanno visto crollare vertiginosamente i parametri della crescita. Per 59 Paesi la crescita è ferma da anni, mentre per 21 Paesi la situazione si è persino aggravata. 
In una situazione di questo genere, in cui, nel terzo millennio, i bambini continuano a morire di fame e di sete, come possiamo pensare di trovare situazioni politiche sane e che consentano una proficua cooperazione internazionale in materia penale? Come possiamo chiedere, ad un'Africa che sta morendo nell'indifferenza del mondo, di fare di più?
Meglio: è giusto e sacrosanto chiedere questo a Governi locali troppo spesso disastrati, e che vanno assolutamente responsabilizzati, ma per chiederlo dobbiamo noi per primi, dopo un approfondito esame di coscienza, ripensare da capo la cooperazione allo sviluppo ed impegnarci al meglio per creare soluzioni anche dove sembra impossibile. La cooperazione, per definizione non può essere a senso unico. 
Ecco allora che vanno rilanciate e realizzate idee innovative per troppo tempo lasciate nel cassetto: il "Piano Marshall" per l'Africa, meccanismi de tax ed Energy Tax. E vanno lanciate idee nuove di zecca, magari prendendo spunto da quello che già da anni la società civile si sta impegnando a fare in questi Paesi in agonia: progetti innovativi, efficaci, mirati, nati da quella comprensione delle necessità reali che soltanto il dialogo ed il rispetto per questi popoli sfortunati può portare.
Soltanto così, impegnandosi per dare un contributo vero ed efficace, e non soltanto formale ed ipocrita, il nostro Occidente acquisirà quell'autorevolezza necessaria a chiedere, ed anzi pretendere, tutto l'impegno che dai Governi locali è moralmente dovuto, e che dovrebbe anzi essere spontaneo.
Ma purtroppo, fino ad allora, chi è senza peccato scagli la prima pietra.