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Articolo di Franco Santellocco 

Vertice dell'Unione africana: uno scenario preoccupante


Si è concluso il vertice dell’Unione Africana, dove i Capi di Stato del Continente hanno cercato di fare il punto della situazione di una terra la cui tragedia continua a consumarsi giorno dopo giorno.
Il Presidente dell’Unione, Alpha Oumar Konaré, ha aperto i lavori affermando: “l’Africa ha tutto per riuscire: le materie prime, la terra.”
Ma allora, dobbiamo chiederci, perché “non riesce”?
Il problema è di primaria importanza: il baratro in cui l’Africa sta affondando distrugge ogni giorno, implacabile, la vita di migliaia di persone. Il Continente che emerge dall’analisi dell’Unione Africana è una maschera di dolore e povertà, che lasciato senza sostegni si avvia inesorabilmente alla distruzione.
Purtroppo, quei capi di Stato, che oggi si riuniscono nelle sedute dell’Unione Africana, coltivando il sogno ambizioso di un’Africa unita un po’ come l’Europa, poi nei fatti finiscono col trascurare problematiche vitali e, impegnati in progetti encomiabili ma difficili da realizzare in concreto, dimostrano una scarsa sensibilità verso tematiche più attuali ed esigenze improrogabili, la cui mancata risoluzione scoraggia gli investimenti esteri, come ha ammonito in questi giorni anche il Segretario dell’ONU Kofi Annan.
Altro problema, giustamente evidenziato dal Sottosegretario agli Esteri Alfredo Mantica, è che i Paesi africani hanno una scarsissima densità abitativa, se rapportata alla vastità dei loro territori, con una popolazione in aumento, diffusa a macchia di leopardo. Una situazione che li rende svantaggiati nell’arena del libero mercato, se comparati ai sovraffollati e ricchi Paesi occidentali: mercati troppo piccoli e con un potere d’acquisto debole, decisamente poco “appetibili” per gli investimenti internazionali, che tendono dunque a lasciarli al loro destino. Un destino che è la fame per il 26% della popolazione, percentuale destinata ad aggravarsi vista l’altissima natalità, che condanna l’Africa ad una situazione demografica potenzialmente degna della Cina. Ma una Cina con manodopera ben meno efficiente e laboriosa. Persino i capitalisti africani non investono più in Africa: il 40% delle ricchezze del Continente sono al sicuro in banche svizzere e americane. Una situazione che assomiglia preoccupantemente al malinconico abbandono della nave che affonda.
E’ un problema grave, che va risolto con idee nuove ed efficaci e, soprattutto, in tempi brevi.
I capi di Stato riuniti ad Addis Abeba capiscono il problema. Ma a modo loro: lanciando progetti grandiosi, certamente velleitari. Sono i delegati Europei, in diversi incontri bilaterali, a proporre soluzioni più prosaiche. L’incremento della scolarizzazione, tanto per cominciare, ridotta a livelli indecenti. Un incremento delle risorse della sanità pubblica, disastrata in tutto il Continente. Insomma, cominciare con un’attenzione maggiore per quei servizi sociali essenziali a garantire una sopravvivenza dignitosa a uomini piegati nel corpo e nello spirito.
Interventi mirati, efficaci, che quanto meno comincino a dare un po’ di respiro a questo Continente martoriato, più utili di tutte le roboanti dichiarazioni ed i grandi programmi a cui siamo stati abituati.
C’è un bisogno indifferibile di riqualificare la manodopera, attraverso programmi di istruzione e qualificazione professionale mirati all’acquisizione di quelle competenze fondamentali che troppo spesso devono essere importate.
Un esempio: in Etiopia, che esporta pellami grezzi, l’Italia ha costruito un Istituto Nazionale del Cuoio con macchinari all’avanguardia. Un raro “centro d’eccellenza”, visitato come esempio da seguire da numerosi capi di Stato dei Paesi vicini. E’ una dimostrazione di come, con buon senso e buona volontà, soluzioni efficaci possano essere a portata di mano. Una lezione imparata velocemente e con facilità dai tanti Italiani che hanno scelto di vivere in Africa e per l’Africa, rappresentanti illustri di una società civile da sempre attiva e laboriosa, unico aiuto concreto in un mondo troppo spesso dimenticato. E’ una lezione che i Governanti e le Istituzioni dovrebbero imparare con altrettanta umiltà e duttilità.
Le possibilità sono pressoché illimitate, in un Continente le cui risorse sono, in molti campi, ancora vergini. Bisognerà mostrare la buona volontà e, soprattutto, la capacità di fare davvero la differenza. Prima che sia troppo tardi.