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Articolo di Franco Santellocco

La spirale del terrore


 Il terrorismo internazionale, la bestia nera del nostro nuovo secolo, non sembra ancora indebolito, né tanto meno sconfitto.
Ancora sotto shock per l’attentato subito dalla Spagna, (il primo colpo sferrato dai terroristi direttamente in Europa), ed ecco la notizia dei nostri ragazzi, dei nostri quattro connazionali sequestrati mentre, con coraggio ed umiltà, davano il loro contributo per la ricostruzione dell’Iraq.
Poi, la notizia della tragedia: uno dei quattro ostaggi, Fabrizio Quattrocchi, viene barbaramente ucciso. Con un’esecuzione a sangue freddo, sotto l’occhio di una telecamera.
Rabbia, desiderio di vendetta, poi lo sconforto, un sentimento più profondo che ci porta a chiederci dove andremo a finire, a domandarci perché. Perché il mondo sembra sempre più impazzire.
La sicurezza diviene un bene sempre più raro: pare che questa gente, terroristi, vigliacchi che colpiscono solo civili inermi, stiano vincendo, che stiano riuscendo nel loro intento di destabilizzazione, di promozione del terrore.
Ma non è così. E lo diciamo con orgoglio e certezza: non è così.
Il modo di operare del terrorismo è condannato al fallimento dalla storia. E’ sempre stato così: non c’è un solo caso di organizzazione sovversiva che sia riuscita ad ottenere, nel lungo periodo, i risultati a cui puntava. Sono state tutte sconfitte. E così sarà anche questa volta. E questo perché chi colpisce i più deboli, chi uccide gli innocenti, lo fa proprio con la consapevolezza dei vigliacchi di non avere la forza né le capacità per giocare pulito.
E questo, nel lungo periodo, li distruggerà. 
Perché nessun sacrificio, per quanto insensato possa sembrare, cade mai nel vuoto. C’è sempre un significato. E finché il nostro Occidente, nonostante tutte le sue colpe, nonostante le sue meschinità, sarà in grado di esportare ovunque fulgidi esempi di solidarietà, tolleranza ed abnegazione, nessun terrorista potrà mai trionfare.
Esempi come Annalisa Tonelli, barbaramente uccisa dopo un’intera vita passata ad accudire i poveri della Somalia, e come quelli dei tanti operatori umanitari che muoiono in quei Paesi senza che noi lo si sappia. Esempi come quelli che tutti i giorni, nel loro lavoro quotidiano, danno i nostri italiani presenti in ogni parte del mondo: agenti silenziosi di pace, tolleranza, rispetto, generosità. Da ultimo, esempi come quello di Fabrizio Quattrocchi, assassinato da quegli stessi uomini che, con la sua presenza ed il suo lavoro in Iraq, stava aiutando.
Sono esempi che fanno meno notizia, sui giornali e nei Talk Show, delle bombe e degli omicidi. Ma ciò non vuol dire che siano meno presenti. Ciò non vuol dire che siano meno importanti ed efficaci, e sono sicuro che, nel lungo periodo, faranno la differenza.
Fabrizio Quattrocchi è morto da eroe. E’ morto pronunciando una semplice frase: “Adesso vi faccio vedere come muore un italiano”. Sono soltanto otto parole. Ma sono parole pesanti come macigni. Più efficaci di tutte le bombe e la violenza che i terroristi saranno mai capaci di sfornare.
Al-Jazeera non ha trasmesso l’esecuzione del nostro connazionale dicendo che era troppo violenta. Non credo a questa motivazione. Credo profondamente che non è stata trasmessa perché altrimenti, vedendo come è morto il nostro Fabrizio, tutto il mondo avrebbe potuto vedere con chiarezza estrema chi sono le vere vittime e chi sono i veri carnefici. Tutto il mondo avrebbe visto chi sono i veri martiri. 
E credo profondamente che questi nuovi martiri, la cui morte ci sembra oggi così insensata, saranno la nostra salvezza. Saranno la guida verso un mondo migliore.
Non bisogna avere paura delle difficoltà di oggi. Bisogna guardare a questi esempi, silenziosi ma sempre presenti, ai tanti “Fabrizio” ed alle tante “Annalena”, che ci ricordano ogni giorno di come, dopo tutto, ogni tramonto è soltanto il preludio di una nuova alba.

28 aprile 2004