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Conclusa la visita a Rio de Janeiro della delegazione della Camera di Commercio di Pescara

Premiati alla Casa d’Italia i pescaresi che si sono distinti in Brasile

AIE - Far commuovere una platea, per i professionisti della parola, è cosa semplice, se la platea poi è costituita da emigranti, e per giunta italiani, la cosa diventa ancora più facile. Se poi tutto è condito con qualche parola in dialetto, il successo è assicurato. Basta cominciare con l’inno, toccare il cuore della gente con due parole azzeccate e poi si lascia fare alla sensibilità degli astanti. Ma quello che abbiamo vissuto alla Casa d’Italia di Rio de Janeiro, durante la premiazione dei pescaresi che si sono distinti per la loro fedeltà al lavoro, sembra uscito dalle pagine del libro Cuore. È cominciato tutto con la distribuzione agli intervenuti, del testo dell’inno di Mameli, in modo che tutti lo potessero cantare, italiani e brasiliani. Poi le parole del presidente Ardizzi, che avevano cominciato a sgorgare in tono distaccato, hanno assunto, a mano a mano che l’oratore parlava, delle intonazioni sempre più sentite e commoventi, tanto da restarne emozionato lui stesso, tanto credeva in quello che diceva. Non ci stancheremo di ripetere che essere italiani in Italia è qualcosa che si sente, normalmente, in occasione delle partite di calcio della nazionale. Ha fatto bene, tra l’altro, il presidente Ciampi, a far riprendere lo “studio” della nostra identità nazionale, dall’inno alla bandiera. Ma quando si è lontani dal proprio paese, questi segnali di appartenenza si impregnano di un significato che solo chi ha vissuto all’estero riesce ad avvertire.

La premiazione, cominciata dopo i discorsi di apertura del dottor Ardizzi e del console Mariano (anche le sue parole denotavano una profonda commozione), ha cominciato a succedersi. Ad ogni medaglia e diploma, una storia di lavoro e di sacrificio. Poi è stata la volta di un personaggio che, certamente, farà parlare ancora molto di se: Giuseppe Fasani. Fasani non si è limitato a ricevere la sua meritata onorificenza, ma ha voluto ricambiare donando al dottor Ardizzi un berimbau d’argento. Il berimbau è uno strumento africano che serve ad accompagnare le lotte-danza della capoeira. La storia di Fasani e della sua colonia è molto significativa e comincia dal ritorno a Pescara, da cui era sfollata, della sua famiglia alla fine della seconda guerra mondiale. Dopo aver accompagnato il referendum costituzionale del 2 giugno del 1946, insieme ad alcuni amici decisero di fondare la Democrazia Cristiana pescarese e, nel 1948, riuscirono a far eleggere due senatori e quattro deputati al primo parlamento italiano. Ma la vita era difficile, Pescara era disseminata ancora di bombe inesplose che, dopo anni dalla fine della guerra, continuavano ad uccidere persone innocenti. La ricostruzione andava a rilento, per questo il buon Giuseppe, che nel frattempo si era sposato e aveva tre figli, a 22 anni decise di partire per il Brasile, insieme ad altre settanta famiglie di pescaresi. Si imbarcarono sul Conte Biancamano, destinazione la Bahia il cui stato aveva messo loro a disposizione un vastissimo terreno, con il piccolo inconveniente che su questo cresceva, rigogliosa, una foresta piena di serpenti ed altri animali poco socievoli. Fasani costituì una  società cooperativa  agricola che si mise subito all’opera. Oggi quella regione è considerata un piccolo paradiso in terra. È merito del CIAPI se questa colonia, italiana e pescarese a tutti gli effetti, è tornata a ritrovarsi nella grande famiglia degli italiani del Brasile, e a scoprire che la città di Pescara non li aveva dimenticati.

Un’altra deposizione interessante è stata quella dell’ex giocatore del Pescara, Leo junior, grande non solo come giocatore, ma anche e soprattutto come uomo. Esprimendosi in un italiano perfetto ha sottolineato che lui non è mai andato via da Pescara, città nella quale ha passato degli anni meravigliosi, grazie alla gentilezza e all’affetto dei pescaresi. Il suo cuore è rimasto ancorato alla città. Sorridendo ha confessato di avere ancora nostalgia di una buona pasta e fagioli! Alla fine della cerimonia, il presidente dottor Ardizzi ha voluto esprimere la sua gratitudine al console generale, Francesco Mariano, e a Livio Angeloni,del consolato, quindi alla Associazione Abruzzesi di Rio e Espírito Santo, che ha organizzato l’evento, ma un particolare ringraziamento lo ha voluto riservare al presidente del CIAPI del Brasile, Paolo Cerritelli, il cui lavoro, poco conosciuto in patria, ha ricevuto e va ricevendo il plauso della  popolazione carioca. Il progetto Rocinha sta dando opportunità di lavoro agli emarginati, sottraendoli dal pericolo di intraprendere strade sbagliate. Un lavoro riconosciuto dalle autorità di Rio che credono nel lavoro del CIAPI, come è testimoniato dall’assessore al lavoro Marco Antonio Lucidi (anche lui premiato con un diploma) e dallo stesso ministro alla cultura brasiliano, Gilberto Gil. Terminiamo questo breve resoconto raccontando della cena in un ristorante tipico... napoletano, Spaccanapoli, dove Gino ha fatto sfoggio della sua arte culinaria, e dove si è potuto assistere alla esibizione di un insolito quartetto, composto dai coniugi Ardizzi, dalla signora Odoardi e dalla signora De Rosa, la vedova di un barbiere abruzzese di Rio, da poco scomparso. Il complesso canoro ha eseguito alcune antiche canzoni abruzzesi e con queste note, si è conclusa la serata che Pescara ha voluto dedicare, attraverso il gesto illuminato del presidente della sua Camera di Commercio, ai pescaresi del Brasile.

Edoardo Pacelli/ITALIAMIGA