News


N

e

w

s

Visita di Ciampi in Svizzera: indirizzo di saluto di Franco Narducci, Segretario Generale CGIE
"Grazie Presidente, per l'attenzione che ha sempre riservato agli italiani all'estero"
Referendum: "Appuntamento storico e test importante"

AIE - Ho l'onore di porgerLe il cordiale e affettuoso benvenuto della comunità italiana in Svizzera, una comunità numerosa - tra le più numerose al mondo fra quelle emigrate - che, non solo per la vicinanza geografica, guarda all'Italia con costanza e molta attenzione. Una comunità oggi essenziale sotto molti aspetti per lo sviluppo sociale, culturale ed economico della Svizzera e che ha contribuito non poco a cementare il legame che unisce i due Paesi e a rafforzarne i rapporti, come provano anche gli indici dell'interscambio commerciale.
Abbiamo atteso molto questo incontro, Signor Presidente, perché vogliamo testimoniarLe i sentimenti d'affetto che gli italiani residenti all'estero nutrono nei Suoi confronti e per esprimerLe un ringraziamento che nasce dal profondo del cuore per l'attenzione che Ella ci ha sempre riservato. Custodiamo vive nella memoria le parole di alto significato indirizzate agli italiani all'estero nel Suo discorso d'insediamento e quelle rassicuranti rivolte al Comitato di Presidenza del CGIE nei momenti più difficili di quella che a ragione è stata consegnata alla storia come la "cinquantennale battaglia" per l'esercizio del voto all'estero.
Le siamo grati Signor Presidente per i continui richiami ad affrontare con decisione il dramma vissuto da milioni di nostri concittadini nell'America Latina sotto il peso degli errori e delle scelte errate dei Governi locali, ma anche in conseguenza di una mondializzazione dell'economia che non conosce regole. Quello che inquieta di più è il pericolo della povertà globale che si sta rafforzando, un tema che non possiamo far finta di ignorare anche per gli intrecci che ha con il nostro benessere, con i processi di migrazione e con la pace nel mondo. Signor Presidente, le comunità italiane all'estero sono confrontate con i rilevanti cambiamenti che attraversano le nostre società quali la globalizzazione, l'europeizzazione, i mutamenti dello scenario economico e produttivo, le trasformazioni del lavoro, le migrazioni, i cambiamenti culturali, i nuovi problemi e le opportunità che presentano anche nel nostro Paese il tratto dei processi interculturali.
Eppure, anche in questo contesto di apparente uniformazione globale che coinvolge le giovani generazioni italiane all'estero è molto sentita la necessità di recuperare la cultura della memoria e di approfondire la relazione che intercorre tra la cultura e la riscoperta delle radici. La storia c'insegna che la catena di trasmissione dei valori culturali e dello stile di vita italiano ha funzionato grazie a quegli emigrati poco istruiti che si rifacevano a matrici comuni e si sono battuti per la difesa e la promozione della lingua italiana. Non possiamo allora accettare un modello di politica culturale dell'Italia all'estero, tendente ad avvantaggiare la promozione del made in Italy a scopi puramente commerciali, a scapito degli interventi a favore di una comunità-diaspora, sempre più esigente in campo linguistico e culturale e che presenta anch'essa i tratti di un grande patrimonio economico. Siamo fortemente preoccupati, Signor Presidente, per l'aggravarsi delle difficoltà amministrative e finanziarie che investono i corsi di Lingua e Cultura italiana e per la cronicità dei ritardi dei flussi finanziari, che offendono in primo luogo la dignità professionale dei docenti, costretti per mesi ad attendere la retribuzione loro spettante. Da anni denunciamo queste inefficienze e invochiamo nuove procedure, certificazione degli standard qualitativi e la riforma della legge quadro. Ci chiediamo, infatti, come si possa altrimenti rendere plausibile ai figli degli emigrati italiani il loro coinvolgimento nella scoperta della lingua e della cultura italiana. Citando le Sue parole Signor Presidente, "non possiamo e non dobbiamo trascurare un patrimonio di legami, di tradizioni, di ricordi", di ritorni economici per l'Italia, che resterà tale fino a quando le potenzialità e i valori degli italiani emigrati e dei loro discendenti saranno trasmessi dalla lingua italiana.
Con la conclusione dell'iter legislativo che ha sancito l'esercizio del voto all'estero si è realizzato un passaggio fondamentale: non più emigrati ma cittadini residenti all'estero cui competono i diritti spettanti agli italiani residenti in Patria. Il 15 giugno prossimo saremo chiamati, in ogni parte del mondo, ad esercitare per la prima volta il diritto di voto in loco, un appuntamento storico e un test importante per gli sviluppi futuri e per lo sforzo organizzativo che dovrà sostenere la rete diplomatico-consolare, decimata negli ultimi anni da una vistosa riduzione degli organici.
Gli italiani all'estero devono esercitare il voto, perché è importante. Anche se i quesiti in votazione difficilmente riusciranno a stimolare la partecipazione, e sappiamo che l'anagrafe degli italiani all'estero non è ancora a buon punto. È noto, infatti, lo scarto esistente tra gli elenchi inviati dal Ministero degli interni e le anagrafi consolari, per cui diecine di migliaia d'italiani che ne avrebbero diritto non riceveranno il plico con le istruzioni di voto. Dobbiamo ringraziare i Comites - questi bistrattati organismi istituzionali di rappresentanza - per il lavoro di sensibilizzazione che stanno svolgendo, nonostante la caduta d'entusiasmo imputabile ad una legge scoraggiante e ai pesanti ritardi nell'erogazione dei pochi fondi loro concessi.
Il pensiero rivolto all'Italia non può in ogni caso distoglierci dai problemi che viviamo in questo Paese dove è riemerso con forza il problema del lavoro e della disoccupazione che colpisce in special modo i più anziani. Inoltre, l'allargamento dell'Europa ha acceso il dibattito sull'eventuale estensione ai nuovi Stati membri degli accordi bilaterali stipulati dalla Svizzera con l'Unione Europea dei 15. Una decisione temuta per l'influsso che eserciterebbe sul mercato del lavoro svizzero, visti i forti differenziali salariali esistenti. La nostra comunità, ne sono convinto, è schierata a sostegno della politica di coesione economica e sociale che è un asse portante del processo di integrazione e dovrà essere dotata delle risorse necessarie per continuare ad esserlo anche nell'Europa allargata. Condividiamo, Signor Presidente, i Suoi continui richiami agli impegni per rinsaldare la politica di costruzione dell'Unione Europea, a cui Ella ha contribuito decisamente e in cui l'Italia deve essere protagonista credibile. E condividiamo le Sue preoccupazioni e i suoi richiami alla responsabilità per il clima generale in cui si sta svolgendo la vita politica del Paese, poiché il rispetto delle regole e delle istituzioni sono il migliore antidoto per sconfiggere le intransigenze ed evitare danni irreversibili al nostro Paese.
Viva il Presidente, viva l'Italia.

AIE