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I lavori dell’Assemblea Plenaria CGIE: la Relazione del Comitato di Presidenza

Narducci: “Investire di più su Comites, rete associazionistica e mezzi d’informazione all’estero”

AIE - Ho il piacere di portarvi il più cordiale benvenuto del Comitato di Presidenza a questa assemblea del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, unito al ringraziamento per il contributo che ognuno di voi vorrà dare alle nostre riflessioni. I lavori di questo CGIE si svolgono in un momento di passaggio complesso e attraversato da molteplici criticità sul piano internazionale, europeo e nazionale. Stiamo vivendo una stagione in cui i mutamenti avvengono con una velocità impressionante, che mette fuori gioco i ragionamenti, le analisi e le proposte che facciamo se non le aggiorniamo, ripuntualizziamo e modifichiamo progressivamente. E sono convinto che proprio questa condizione obblighi anche il CGIE a rivedere criticamente le sue strategie e i suoi propositi. Questa assemblea apre formalmente l’ultimo anno di attività del nostro mandato prima della scadenza che impone le elezioni per il rinnovo del Consiglio. Abbiamo davanti un anno di grandi impegni e di scadenze importantissime nel breve periodo, prima fra tutte quella sulla tornata referendaria del 15 giugno. Un evento che per gli italiani residenti all’estero assume i tratti dell’appuntamento con la storia: per la prima volta potremo votare per corrispondenza, contribuendo a determinare le scelte democratiche della nostra nazione. Anche da questa sede, desidero unire la voce del CGIE all’appello del Ministro Mirko Tremaglia e degli altri leaders politici affinché i connazionali all’estero votino numerosi. Avremo gli occhi puntati addosso, perché comprensibilmente il voto del 15 giugno si presenta con le connotazioni della prova generale delle prossime elezioni politiche e il grado di partecipazione assume simbolicamente il valore di cartina tornasole. Dobbiamo però lanciare anche un avvertimento riguardante l’informazione sulla tornata referendaria: affidarne il peso unicamente alla rete diplomatico-consolare, significherebbe voler correre grossi rischi. Accanto alle iniziative preannunciate dal Governo, occorre investire molto di più sugli organismi di rappresentanza come i Comites, sulla rete associazionistica delle nostre comunità e sulla rete dei mezzi d’informazione, all’estero radicata territorialmente e in grado di raggiungere una consistente parte dei nostri connazionali. Abbiamo infatti assistito alle difficoltà che in ogni parte del mondo hanno caratterizzato l’operazione di verifica e di aggiornamento dei dati anagrafici prevista dalla legge 459 del 27 dicembre 2001. Anche nelle riunioni svolte pochi giorni fa tra Ambasciate e CGIE in vista di questa assemblea non è stato possibile avere la fotografia nitida della situazione reale e le quantificazioni numeriche esatte. Né riteniamo che in tempi brevi questo vuoto possa essere colmato dal censimento degli italiani all’estero, effettuato raccogliendo in via informatica i dati degli schedari consolari, visti i tempi che s’impongono per le modalità di trasmissione dei dati del Ministero degli Affari Esteri a quello degli Interni, che a sua volta li trasmette ai Comuni. Si deve opportunamente considerare , inoltre, che i consolati, perennemente in lotta con la sottodotazione del personale, sono tuttora impegnati a correggere gli errori provocati dalla scheda di opzione per il voto in Italia inviata insieme con quella per l’aggiornamento delle schede anagrafiche. Anche dalle considerazioni suddette discende il nostro richiamo all’impegno di tutti affinché questa opportunità storica sia colta degnamente per sconfiggere ancora una volta gli antipatizzanti dichiarati. Sempre in quest’ultimo anno del nostro mandato, dobbiamo lavorare con tenacia per far avanzare l’iter dei provvedimenti legislativi che sono attesi da tantissimi cittadini italiani residenti all’estero. Nell’assumere questa prospettiva dobbiamo moltiplicare gli sforzi di dialogo con il Governo e con Parlamento, senza chiuderci in una sorta d’identità autoreferenziale.

 

Accelerare l’iter delle riforme e dei disegni di legge per l’emigrazione

 

Sono passati solo quattro mesi dall’ultima riunione plenaria del CGIE. Ci eravamo lasciati con ancora in mente le parole rassicuranti del Ministro Frattini sull’impegno del Governo affinché i Comites si rinnovassero alla naturale scadenza del mese di giugno, possibilmente con la nuova legge di riforma dei Comites è stato approvato dal Consiglio dei Ministri, dopo alcuni mesi di lavoro interministeriale sul testo elaborato dal CGIE. Prendiamo atto con soddisfazione del risultato acquisito e ringraziamo i Ministri Tremaglia e Frattini per l’attenzione riservata alle nostre sollecitazioni. Realisticamente dobbiamo sperare che l’attenzione riservata si mantenga alta affinché l’iter di approvazione parlamentare consenta di organizzare le operazioni elettorali per il rinnovo dei Comites nei tempi previsti dal decreto governativo, cioè entro la fine dell’anno. Un ulteriore slittamento sancito d’ufficio determinerebbe con molta probabilità il collasso totale di questi organismi. Il cronico ritardo nell’erogazione dei contributi ad essi destinati - pesante come non mai nell’esercizio 2002. e che impedisce di predisporre per tempo programmi operativi - come pure stanchezza diffusa e lo scontento per i compiti puramente consultivi, non consentono di produrre effetti visibili, misurabili e quantificabili, per la vita delle nostre comunità. Ne conseguono giudizi sfavorevoli e posizioni spesso di rifiuto al loro esterno. La riforma del CGIE rappresenta un ulteriore obiettivo da realizzare per l’adeguamento al mutato quadro istituzionale e il riassetto degli organismi di rappresentanza degli italiani all’estero.

Poche settimane fa abbiamo affidato al Governo e al Parlamento la bozza elaborata e approvata nel corso dell’Ultima assemblea, accompagnata dall’auspicio per un iter di approvazione più rapido di quello Comites. Rapidità che evidentemente chiediamo anche per le altre leggi riguardanti l’emigrazione:

 

 - la riforma della legge 153

 - l’approvazione della legge per l’indizione della “Conferenza dei giovani italiani all’estero”

 - l’approvazione della legge per l’”osservatorio delle donne

 - l’intero pacchetto di provvedimenti legislativi risultanti dalla “Conferenza permanente Stato - Regioni - Province Autonome - CGIE (Bozza di Legge di principi sulle competenze legislative regionali in materia di rapporti con le proprie comunità all’estero. Bozza di Legge sul fondo nazionale a favore delle comunità italiane all’estero. Proposte di emendamenti al DDL sullo sportello per l’internazionalizzazione avviato dal Ministro per le Attività Produttive. Bozze di Leggi di riforma del CGIE e della Conferenza permanente).

L’urgenza di riformare la Legge 153 non può sfuggire al Governo e ai responsabili dell’amministrazione. Il fortissimo disagio che in varie nazioni sta sconvolgendo gli interventi scolastici di lingua e cultura italiana per i nostri giovani ed ha assunto proporzioni che oltretutto danneggiano l’immagine dell’Italia verso le autorità scolastiche dei Paesi ospitanti. Quando gli insegnanti di detti corsi devono sospendere le lezioni e scioperare perché non ricevono stipendio dal mese di novembre, si mette in crisi la credibilità dello Stato e dell’Amministrazione e si offendono le regole fondamentali del diritto del lavoro. Non siamo animati né da spirito polemico verso i responsabili di questo stato di cose, né da strumentalizzazioni politiche: ciò che ci muove è la percezione che si stia distruggendo quanto faticosamente costruito e che in termini di politica culturale e scolastica non riesca a compiere il salto di qualità delineato e messo a punto nel convegno di Montecatini e nel progetto che abbiamo chiamato “Piani Paesi”. Sicché mentre il Ministro Tremaglia lotta si batte in sede di Legge finanziaria per ottenere le risorse che necessitano, altri Ministri w Ministeri tagliano, diramano circolari e messaggi contraddittori, provocando di fatto lo scompaginamento dei corsi che a sua volta alimenta il calo dei frequentanti rilevato negli ultimi anni. Al di là delle altisonanti prese di posizione durante le Conferenze nazionali, stiamo praticando una politica culturale disarmante che non riserva i diritti in uguale misura sui cittadini residenti in Italia e su quelli residenti all’estero. E le prospettive non lasciano sperare, visto che il MAE  prevede di non poter erogare il 60% del contributo spettante per il corrente esercizio prima del mese di settembre.

Da oltre un anno attendiamo con pazienza che la IV Commissione tematica del CGIE possa esprimersi sul testo di riforma della Legge 153, e invece in maniera ferrea questa possibilità è continuamente frenata da ragioni francamente incomprensibili. Le esigenze della riforma le abbiamo elencate a più riprese: schematicamente, e me ne scuso, occorre prima di tutto una nuova legge quadro che consenta il riassetto delle disposizioni che governano gli interventi scolastici all’estero e l’adeguamento ad una situazione che in senso alle nostre comunità è mutata con il passare dei tempi. L’obiettivo di fondo, in ogni caso, non è cambiato: preservare attraverso la conoscenza della lingua italiana questo grande capitale umano, sociale e culturale che l’Italia possiede.

 

La riforma degli Istituti di Cultura

 

Il Ministro Frattini ha annunciato recentemente la riorganizzazione degli 88 Istituti di cultura che operano nel mondo e la creazione di Fondazione Italia, una cabina di regia che dovrebbe coordinare gli Istituti stessi. Dentro questo palazzo abbiamo affermato più volte l’esigenza della riorganizzazione gli Istituti stessi. Dentro questo palazzo abbiamo affermato più volte l’esigenza della riorganizzazione degli Istituti di Cultura, chiedendo nel contempo di valorizzare maggiormente le comunità italiane all’estero, attraverso la loro fattiva collaborazione nei comitati culturali che a nostro vedere dovrebbero affiancare gli Istituti.

Per la nostra storia personale e collettiva di persone che hanno difeso strenuamente l’immagine dell’Italia, abbiamo provato delusione nell’apprendere come sono state pensate le rappresentanze che comporranno la Fondazione. Una delusione che non può essere interpretata sotto il segno del protagonismo a tutti i costi, poiché deriva dalla certezza della grande spinta che questo organismo ha dato alla causa dei connazionali emigrati , alle battaglie che ha fatto per promuovere e valorizzare il nuovo tratto degli italiani all’estero e per la difesa dei diritti nei Paesi di accoglimento. “Abbiamo il torto di non essere morti perché ci siamo ostinati a vivere” quando non esisteva nemmeno un concetto di politica per gli italiani all’estero.

Al Ministro Frattini vogliamo dire che condividiamo l’idea degli Istituti di cultura come “strumento intelligente di politica estera del nostro Paese”, ma non possiamo accettare tout court la fuga in avanti ispirata a posizioni acriticamente economiche, collocando nel dimenticatoio esigenze culturali di enorme significato che s’intrecciano con la riforma degli Istituti di Cultura e riguardano milioni d’italiani di passaporto o d’origine.

Dobbiamo ritenere che non si tratti di uno smarcamento del CGIE, anche se il suo mancato coinvolgimento nella preparazione di un evento di ampia risonanza culturale come il Convegno degli Scienziati ha acuito tale sensazione. Sarebbe un errore gravissimo. Vogliamo anche ricordare che quattro degli aspetti più innovativi della 1° Conferenza degli Italiani nel mondo - la donna in emigrazione, i giovani, l’economia e la scienza - portano il segno distintivo del lavoro e delle elaborazioni prodotti con l’ampio contributo del CGIE.

 

Fare i conti con i cambiamenti

 

Le comunità italiane all’estero sono confrontate con i cambiamenti sociale di grande rilievo che attraversano le nostre società quali la globalizzazione, l’europeizzazione, i mutamenti dello scenario economico e produttivo, le trasformazioni del lavoro, le migrazioni, i cambiamenti culturali, i nuovi problemi e le opportunità che presentano anche nel nostro Paese il tratto dei processi interculturali.

Questi processi c’interrogano e dobbiamo chiederci se potranno portare ad una società e ad un mondo più civile, o se dobbiamo rassegnarci ad un processo di economicizzazione della società e ad un depauperamento della dimensione solidale. Dobbiamo domandarci a quali strumenti di governance possiamo affidarci per evitare che la guerra ed il mercato siano gli unici due criteri di regolazione.

In ogni caso in quest’ultimo anno è riemerso con forza il problema del lavoro e dell’occupazione in molti Paesi dell’Europa. In Germania la situazione occupazionale è drammatica e in Svizzera molti Italiani - in special modo i più anziani - sono disoccupati. Tra le priorità del 2003 in Europa restano emergenti l’allargamento e la necessità di ridare stabilità alla crescita economica, ma sono obiettivi che occorre verificare alla luce degli effetti postumi che avrà la guerra sull’economia. In molti Paesi europei si è aperta la discussione sugli effetti che avrà l’allargamento a 25 sul mercato del lavoro e sull’occupazione, considerando i forti differenziali retributivi. La politica di coesione economica e sociale è un asse portante del processo di integrazione e dovrà essere dotata delle risorse necessarie per continuare ad esserlo anche nell’Europa allargata.

Ma le preoccupazioni maggiori per le nostre comunità all’estero sono rivolte ancora una volta alla situazione drammatica che vive l’America Latina e alla sua estensione. Quello che inquieta di più sono gli scarsi risultati della terapia praticata dai Governi locali e dal pericolo della povertà globale che si sta rafforzando, un tema che non possiamo far finta di ignorare anche per gli intrecci che ha con il nostro benessere, con i processi di migrazioni e con la pace nel mondo.

 

Il dramma della guerra

 

Non posso concludere questa relazione del CdP senza ricordare quanto di drammatico avviene nel mondo, in particolare nell’area medio-orientale e nell’Iraq. Ancor una volta il sogno di pace viene infranto; “il dono di Dio (per chi crede) affidato agli uomini” è stato offuscato per far prevalere l’uso della forza.

Per gli italiani che vivono all’estero la guerra rappresenta un ulteriore elemento di insicurezza. Questo Consiglio Generale rappresenta le comunità italiane che vivono in ogni Contente, nei Paesi belligeranti come l’Inghilterra e gli Stati Uniti, e nei Paesi che si sono opposti alla guerra come la Francia e la Germania. Inevitabilmente - e le recenti dispute epistolari lo riprovano - anche nel nostro Consiglio il tema della guerra e della pace ha creato divisioni e dispute.

Come Segretario Generale del CGIE desidero chiedere a tutti noi un supplemento di responsabilità e di riflessione per dare un contributo - piccolo che sia - all’Italia, esponendo il nostro punto di vista rivolto anzitutto a ristabilire un ordine internazionale senza il quale è impossibile pensare ad un futuro di progresso universale.

Abbiamo davanti agli occhi immagini di distruzione e di morte. Proprio perché non vogliamo abituarci alla guerra, poniamo subito la questione più urgente che per noi è quella umanitaria al fine di consentire ovunque la distribuzione degli aiuti, la cura dei feriti e dei malati, la sepoltura dei morti. Gli aiuti umanitari devono portare immediatamente sollievo alla popolazione e alle vittime innocenti. La morte di migliaia di “civili” non può essere considerata come un effetto “collaterale” della guerra. La nostra coscienza si ribella.

Ci sono poi le grandi questioni istituzionali sulle quali vogliamo esprimere il punto di vista del nostro Consiglio Generale. Il Comitato di Presidenza si è fatto promotore di raccogliere in un ordine del giorno, che auspichiamo possa raccogliere il consenso di questa assemblea.

Spero, come Segretario Generale di questo organismo di rappresentanza democratica, che il CGIE sappia esprimere una posizione coerente con quanto proposto dal CdP, mettendosi al riparo da visioni di schieramento per tentare in questa sede di orientare il confronto - tenuto conto della natura del CGIE - sulle soluzioni che pesano su tutti e quindi su di noi.

 

Franco Narducci, Segretario Generale del CGIE