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Preparazione Conferenza Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE: il Documento del Tavolo Tematico “Lingua e Cultura”

Premessa

(AIE) “L’emigrato” non è più una persona giudicata in un’ottica assistenzialistica e pauperistica, un cittadino che non ha potuto lavorare e vivere nella sua terra natale. È divenuto, almeno a livello di prese di posizioni, una risorsa. La maggioranza degli emigrati italiani e dei loro discendenti, infatti, è ormai inserita nel tessuto socioeconomico degli stati di residenza, pertanto, detti soggetti, oggi “italiani nel mondo”, da espressione di povertà possono trasformarsi in un fattore di potenziale arricchimento per il loro paese d’origine. A tale fenomeno hanno fatto seguito costanti ed insistenti “richieste d ‘attenzione” rivolte dagli stessi emigrati e, soprattutto, dalle nuove generazioni al Governo italiano e alle Regioni di origine. E’ possibile e doveroso, peraltro, considerare gli italiani nel mondo come “ambasciatori” della cultura e dell’economia italiana ed, inoltre, è opportuno individuare gli strumenti più idonei perché essi possano costituire soggetti privilegiati per la realizzazione di una rete di rapporti tra le realtà regionali e nazionali e il resto del mondo. La diaspora come fonte di “risorse” e di “protagonismo” non è, tuttavia, ancora riuscita a superare la fase di dichiarazione di intenti e non sono ancora sempre visibili misure concrete tali da delineare chiaramente una strategia italiana innovativa che veda coinvolti direttamente tutte le decine di milioni di cittadini ed oriundi che per vari motivi si rifanno a matrici comuni e per questo sono da considerarsi una autentica diaspora italiana nel mondo. In questo tempo di ricerca il fattore di aggregazione più forte, comune a Stato e Regioni, e che vede coinvolti cittadini in patria e residenti all’estero e i loro discendenti, è costituito dalla lingua e dalla cultura italiane.

Il superamento di una lettura economicistica

Negli armi ‘90 è stato dato grande rilievo alla valenza economica degli italiani residenti all’estero. Gli interventi regionali, in particolare, hanno mirato a stabilire saldi vincoli economici con i loro corregionali. Sarebbe, tuttavia, fuorviante ritenere che soltanto in questo modo venga assicurato un legame reale della diaspora con la terra di origine e soprattutto che sarebbe possibile ipotizzare una politica internazionale investendo solamente in ambito economico. Questo processo renderebbe di fatto poco visibili gli italiani all’estero, assegnando loro il ruolo di meri fruitori di prodotti made in Italy. Senza voler misconoscere la valenza economica della diaspora, va oggi sottolineato che soltanto un investimento massiccio, sinergico e lungimirante in ambito linguistico e culturale potrà assicurare la sopravvivenza delle comunità nostre all’estero e la loro vitalità. Una diaspora che conta poco culturalmente non ha lunga vita. Doveri dell’Italia nei confronti della sua diaspora. Uscire da un’ottica prevalentemente assistenzialistica significa dare peso culturale alla diaspora. Non si tratta solo di custodire una memoria, ma di verificare se la diaspora goda di uno spazio specifico in cui esprimere pienamente se stessa con riferimento sia alle matrici di partenza che al paese di accoglienza. L’analisi di testi scolastici e delle materie universitarie rivela un perdurante disinteresse del più grande fenomeno sociale dall’Unità d’Italia ad oggi. Il verismo italiano, in letteratura, e il neorealismo cinematografico, per citare due settori emblematici, hanno ignorato il fenomeno. Continuano, ad esempio, a scarseggiare studi, sia storici che di altra natura, particolarmente sulle comunità italiane in Europa. In questo modo sono venuti a mancare strumenti per inserire nel circuito scolastico-educativo italiano una conoscenza che sarebbe stata, invece, assai utile per aiutare gli allievi italiani a vivere più armoniosamente la loro identità, confrontata sempre di più con quella di altri gruppi etnici che sono ormai parte integrante della nostra società. Rimossa dalla coscienza nazionale, si sta cercando ora di far uscire la diaspora dalla sua non visibilità, a volte con operazioni maldestre, che denotano scarsa aderenza alla realtà. Alcuni sceneggiati televisivi, ad esempio, mostrano, nei confronti dell’emigrato, un atteggiamento strappalacrime e buonista, dimenticando la vitalità, l’evoluzione e le potenzialità della diaspora italiana. Questa non-visibilità corre il rischio di essere perpetuata quando il Governo, il Parlamento e le Regioni non investono con saggezza, lungimiranza e decisione in un campo in cui molte altre nazioni, valga l’esempio della Spagna e del Portogallo, stanno sostenendo massicciamente la cultura, la promozione attraverso i media, l’insegnamento della lingua, la concessione di un numero rilevante di borse di studio, con ritorni assai consistenti anche in campo economico. Non visibilità favorita anche da investimenti paralleli, ma non coordinati con quelli statali, da parte delle Regioni, che evidenziano la mancanza di un apposito organismo, costituito da tutte le parti interessate, che coordini gli interventi. Non visibilità che si perpetua, concretizzandosi anche in una scarsa informazione di ritorno che, da un lato non consente di cogliere nella sua ricchezza la vita delle nostre comunità, dall’altro priva il nostro Paese del significativo apporto di esperienze, sedimentato in contesti tanto dinamici. Non visibilità vinta, in parte, a livello politico dall’approvazione definitiva da parte del Parlamento della legge che concede il diritto dell’esercizio di voto all’estero, consentendo di eleggere parlamentari residenti all’estero in rappresentanza delle comunità. La disattenzione verso la lunga e complessa storia dell’emigrazione che l’Italia ha vissuto, non solo elude il dovere di riconoscere il sacrificio e l’impegno di milioni di uomini che hanno dovuto ricostruire la loro esistenza in contesti lontani ed estranei, ma depaupera l’Italia di un inestimabile patrimonio di esperienze sociali, etiche e culturali che potrebbero risultare preziose proprio nel momento in cui la nostra società è messa alla prova da intensi processi di immigrazione, che richiedono il riferimento a valori e a modelli di integrazione che consentano di evitare traumi e dolorose lacerazioni. Conoscere, dunque, la storia dell’emigrazione italiana, significa arricchire in modo proficuo la cultura storica delle giovani generazioni e rinnovare la cultura sociale diffusa. Per questo, è essenziale cogliere l’occasione della riforma della scuola, attualmente in itinere, per inserire la storia dell’emigrazione nei curriculum scolastici e, nello stesso tempo, sostenere, con interventi mirati, l’attività dei centri di ricerca e documentazione, che in varie parti del mondo stanno operando, in condizioni di grave difficoltà, per contrastare la distruzione di memoria che da tempo ha investito la vicenda storica ed umana dell’emigrazione. Questo intervento si deve accompagnare a quello, da realizzare in parallelo in Italia, volto a recuperare in modo sistematico, a livello internazionale, nazionale e locale, le fonti storiche, letterarie e artistiche dell’emigrazione ed a promuovere una rete, diffusa sul territorio, di raccolta di dati anagrafici che possano rispondere alla ricerca di identità e, talvolta, alle richieste di cittadinanza, che provengono da ogni parte del mondo. E’ auspicabile, infine, che il progetto di Enciclopedia degli Italiani nel Mondo, che l’Istituto dell’Enciclopedia Treccani aveva ideato e proposto, sia ripreso e portato a conclusione. L’articolazione delle linee programmatiche degli interventi per gli italiani all’estero, che dovrà scaturire dalla Conferenza, può essere anche un’occasione propizia per ordinare e qualificare l’insieme dei musei e dei centri di raccolta delle testimonianze dell’emigrazione che stanno proliferando a livello locale. Un interessante orientamento potrebbe essere quello di progettare, segnatamente in ambito nazionale, sia spazi museali ed espositivi, concepiti alla luce dei più moderni orientamenti tecnologici, e di forte valenza scientifica e comunicativa, sia percorsi archivistici e museali, in ambito regionale, che ricostruiscano la storia delle province e dei comuni dai quali i nostri emigranti sono partiti, creando un impatto fortemente evocativo ed educativo. Un rilievo non minore merita la conoscenza della produzione storica, letteraria, artistica, scientifica e tecnologica, nonché delle testimonianze socio-antropologiche, che si sono manifestate nelle comunità di origine italiana nel corso di un periodo ormai ultrasecolare. Anche in questo caso si tratta di una ricchezza culturale straordinaria e di un apporto significativo allo sviluppo dei percorsi interculturali che caratterizzano questa fase della mondializzazione. Un efficace incentivo può essere dato dal sostegno alla traduzione, al fine di pubblicare opere prodotte da intellettuali di origine italiana. Un’analoga attenzione deve essere rivolta all’incremento degli scambi nel settore delle arti figurative.

Oltre l’immediato

La non visibilità si traduce, in un uso limitato della lingua italiana all’estero, dovuto anche all’inadeguatezza dei fondi assegnati rispetto al livello dei contributi pro-capite, alla crescente domanda di apprendimento e alle esigenze di recupero culturale e linguistico delle nuove generazioni. Le risposte immediate sono diversificate ed hanno ormai creato un sistema di promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo, che si presenta oggi con i caratteri del pluralismo e della flessibilità, sia rispetto ad una vasta gamma di soggetti istituzionali ed associativi che organizzano e gestiscono gli interventi, sia in riferimento alle diverse situazioni territoriali. La presenza delle Regioni in questo campo, che può dimostrarsi sempre più utile in un’ottica di complementarietà rispetto a quella dello Stato, e degli stessi Enti gestori delle attività linguistico-culturali per le Comunità italiane, va incrementata e qualificata. Pluralità e flessibilità sono elementi di ricchezza e fattori di adattamento alle molteplici situazioni ambientali e culturali nelle quali l’intervento si svolge: vanno pertanto salvaguardate e sostenute. L’intervento pubblico, per altro, alla luce delle esperienze maturate, e superando le difficoltà emerse nel passato, deve mirare a garantire un coordinamento sempre più stretto e il raggiungimento di standards di qualità accettabili anche per le iniziative che si svolgono in condizioni precarie e difficili. Perché questo possa realizzarsi, occorre, innanzitutto, ottemperare alla necessità improrogabile di una riforma normativa, attraverso l’emanazione di una legge-quadro che tenga debito conto di tutti gli investimenti culturali, e promuova, nel contempo, unitarietà di intenti per tutti gli interventi, annullando l’attuale frammentazione. In ambito linguistico-culturale la Conferenza, tuttavia, si propone di individuare programmi a medio e lungo termine. La creatività di una nazione, e di tutti i suoi organismi. nei confronti della propria diaspora - che è la più consistente nel mondo - si esplicita infatti a questo livello.

Integrazione e bilinguismo

L’obbiettivo di fondo resta quello di integrare l’insegnamento dell’italiano con le materie curricolari scolastiche nei paesi di residenza, in modo che la nostra lingua possa essere insegnata e conosciuta entro una dimensione interculturale, tenendo conto che, ad oggi, oltre il 50% di questi corsi è già integrato. Questo non è in contraddizione con l’incremento dei corsi “paralleli” o “differiti” per bambini ed adolescenti, con l’obbiettivo di consentire loro di essere progressivamente integrati. Si sottolinea, per altro, che per ottenere un’integrazione efficace e duratura della nostra lingua all’interno dei sistemi scolastici dei singoli paesi di residenza, è necessario osservare un criterio di continuità, evitando cesure tra i livelli iniziali di istruzione e quelli più elevati. Questi processi risulteranno tanto più incisivi quanto più sarà efficace l’opera di sensibilizzazione e di motivazione delle famiglie. Nella prospettiva di uno sviluppo sempre più avanzato del bilinguismo, va considerata con favore la trasformazione di molte scuole italiane, presenti all’estero, in scuole bilingue, nonché la costituzione di sezioni bilingue presso scuole straniere, garantendo risorse adeguate al perseguimento di tale obiettivo. In questo ambito, va affrontata, con misure specifiche, la formazione bilingue dei frontalieri. Nello stesso contesto, il potenziamento dei “lettorati” può essere considerato non solo una solida sponda per una domanda qualificata di lingua e cultura italiana ma anche un fattore di promozione di una immagine culturale più generale. Vanno altresì potenziati, anche in questo caso con fondi integrativi, i dipartimenti e gli insegnamenti di italianistica all’interno delle Università straniere. Una delle chiavi più efficaci per realizzare l’armonizzazione e la qualificazione del sistema di insegnamento dell’italiano nel mondo è la formazione dei docenti. Non sono certamente sufficienti gli attuali interventi. Si va sempre più diffondendo, infatti, una figura di docente assunto in loco, che, però, non solo di frequente non gode di adeguate garanzie, che spettano ad ogni lavoratore, ma merita di essere maggiormente coinvolto in programmi di qualificazione culturale e professionale. Si esprime viva preoccupazione per la riduzione verificatasi negli ultimi anni del contingente di insegnanti di ruolo all’estero consolidato negli ultimi decenni, senza che alla riduzione suddetta corrispondano adeguate misure di compensazione. Si propone, altresì, la selezione degli insegnanti privati sulla base di criteri uniformi ed obbiettivi e la realizzazione di sistematici programmi di formazione e di aggiornamento degli operatori che, ad ogni livello, operino all’estero, anche ricorrendo, tramite opportune correzioni normative, agli stessi insegnanti di ruolo ed ai lettori nella veste di “formatori di formatori”, purché in possesso di adeguata preparazione glottodidattica per l’italiano come lingua seconda. Un’utile integrazione ai programmi di formazione può venire dallo sviluppo degli interventi regionali realizzati tramite accordi con Università, italiane e straniere, con particolare riferimento all’istituzione di insegnamenti di glottodidattica dell’italiano. Di grande aiuto e di notevole supporto si è dimostrato l’uso delle più moderne tecnologie, che consentono di realizzare, a distanza, programmi di insegnamento linguistico, di formazione e di costituzione di reti di identità. Il sostegno alla stampa di emigrazione, infine, oltre che a corrispondere ad esigenze di informazione e di partecipazione alla vita civile dell’Italia, quantizzai necessarie in previsione dell’attivazione del voto all’estero, può essere considerato anche nell’ottica della difesa e della diffusione della lingua italiana. Possono essere promosse, nel quadro di un sostegno più vivo e diretto alla ricerca delle diverse identità, forme sperimentali di recupero delle lingue regionali, per molti decenni lingue di comunicazione parentale e comunitaria tra gli emigrati, come lingue di cultura. Il contributo che i Commise. il CGIE e le Regioni possono offrire in questo campo è insostituibile, poiché hanno maggiore capacità di relazione con le giovani generazioni, da cui dipende, prevalentemente, la sopravvivenza della lingua e cultura italiana nel mondo. Ci si chiede cosa si intenda veramente fare per le giovani generazioni e quale ruolo la cultura italiana debba giocare nelle scelte di vita che operano là dove sono nate, dove hanno studiato, o dove esercitano una professione. I giovani di origine italiana, come si è potuto verificare nelle pre-conferenze e nella Conferenza Italiani nel Mondo, lamentano la mancanza di impegni e di politiche specifiche nei loro confronti. Ne è prova, ad esempio, l’assenza o il ritardo nel riconoscimento dell’equiparazione dei titoli di studio, che limitano fortemente lo sviluppo di una mobilità qualificata, anche in periodi di emergenza come quello che attraversa attualmente la società argentina. Solo una proposta culturale ricca, aperta e continua può fare in modo che il legame con l’Italia, conservato dalle prime generazioni. non s’indebolisca, con il passare del tempo, rischiando di spezzarsi. La cultura, per altro, per un paese come il nostro, rappresenta una risorsa strategica che può sprigionare le sue potenzialità ben al di là dei confini dell’insediamento storico della nostra emigrazione. Le decine di milioni di individui di origine italiana, possono diventare, oltre che una vasta platea di diretti fruitori. la base per la promozione della cultura italiana capace di creare livelli di interesse ampi e diffusi. Questa nuova proposta culturale deve essere costruita su un asse più moderno rispetto al passato, in modo da inglobare non solo la grande tradizione umanistica, più frequentemente esportata, ma anche le espressioni scientifiche e tecnologiche di cui il nostro paese ha offerto grandi prove, la cultura d’impresa, particolarmente rilevante nel settore delle aziende medio-piccole, lo stile e il modello di vita degli Italiani, che continua ad avere, in tutto il mondo, un forte fascino. Questa proposta deve essere in grado, inoltre, di recuperare, in modo critico, e di riproporre, in chiave moderna, la cultura “materiale” delle aree e delle Regioni italiane, nonché il patrimonio socio-antropologico che si è sedimentato nelle nostre Comunità. Si tratta di un’operazione che deve nascere dalla consapevolezza del profondo mutamento che ha subito il concetto stesso di “identità culturale”, che, da archetipo statico ancorato ad elementi di tradizione condivisa, è diventato, progressivamente, un’idea complessa e articolata, una frontiera mobile, capace di comprendere le molteplici declinazioni di italicità che si sono realizzate in tempi, strati sociali, forme culturali e situazioni ambientali estremamente diversificate. In questa ottica le persone di origine italiana che vivono all’estero non devono essere considerate solo come potenziali fruitori, mero oggetto di iniziative, ma protagonisti e coautori di questa nuova, complessa e sfaccettata idea di italianità che si è andata sviluppando e consolidando nel tempo.

La programmazione degli interventi

Una proposta culturale innovativa e più rispondente a moderne sensibilità, sebbene rivolta ad un target differenziato, e pur sviluppandosi in una ricca articolazione disciplinare e tematica, deve dimostrarsi in grado di superare la frammentarietà e il non sufficiente coordinamento che le iniziative all’estero hanno perlopiù assunto finora. Essa dunque deve concretizzarsi in progetti multidisciplinari di ampio respiro, costruiti con il concorso di diversi soggetti pubblici e privati e deve prevedere periodiche verifiche sullo stato di avanzamento e sulla reale efficacia delle iniziative, assunte di volta in volta, con particolare attenzione alla trasparenza e alla qualità degli interventi. La Conferenza Permanente Stato-Regioni-Province Autonome-CGIE, può diventare un luogo privilegiato di impostazione e di realizzazione dei predetti progetti, a condizione di assumere i Piani-Paese come base di rilevazione delle esigenze e di formulazione dei programmi di intervento. Perché tutto ciò possa realizzarsi in maniera esaustiva e circostanziata è necessario che gli stessi Piani-Paese superino progressivamente il carattere monoculturale, strettamente legato all’insegnamento della lingua, e acquistino una visione a più ampio spettro estesa alla cultura, alla formazione e alla comunicazione. In particolare, rispetto al recupero culturale dei giovani, va segnalata l’importanza di un più ampio ricorso allo strumento delle borse di studio, nel quadro di politiche di cooperazione a favore di scambi culturali, con la finalità di trasmettere, in modo sistematico, la cultura italiana e di contribuire a formare leaders che possano vedere nell’Italia un interlocutore privilegiato. Va richiamata, infine, l’urgente necessità di riformare gli Istituti di Cultura. favorendo l’autonomia di programmazione e la partecipazione dell’utenza all’impostazione e alla realizzazione dei programmi.

Le necessarie sinergie

La definizione di linee programmatiche, alle quali devono attenersi i soggetti pubblici titolari di poteri di intervento verso gli Italiani all’estero, può giustificare fondate speranze di fattibilità e di realizzazione solo nel caso in cui la Conferenza Permanente riesca a dotarsi di strumenti operativi idonei a favorire l’incontro delle necessarie sinergie, a produrre esperienze di reale coordinamento, a selezionare qualitativamente gli interventi, ad assicurare un monte-risorse adeguato a sostenere progetti e ad alimentare programmi attraverso l’istituzione di un “Fondo Comune” o “Borsa Progetti”.

A tal fine ed in ottemperanza all’art. 17 lex 18.06.98, n. 198, si propone che la Conferenza:

a) costituisca l’auspicata “cabina di regia”, organismo tecnico-politico permanente che garantisca, nel triennio, il raggiungimento degli obiettivi che si intendono perseguire, alla luce delle linee politiche e programmatiche individuate dalla Conferenza stessa;

b) approvi l’istituzione del “Fondo Comune” o “Borsa Progetti” ed incarichi il sopraindicato organismo tecnico-politico di tracciare una bozza di regolamento per la relativa gestione.

Tale organismo, che potrebbe articolarsi in un Tavolo tecnico ed un Tavolo politico raccordati secondo regole da definirsi, dovrebbe essere composto dalle rappresentanze dei soggetti statali indicati ex lege 198/98, da quelle delle Regioni, delle Province Autonome e del C.G.I.E., rappresentanze determinate in misura compatibile con le esigenze di efficienza e funzionalità dell’organismo stesso.

A detto organismo dovrebbero essere affidati compiti e responsabilità in merito a:

a) l’informazione reciproca sulle iniziative, che ciascuna delle parti intende realizzare, in attuazione delle linee programmatiche tracciate dalla Conferenza;

b) l’individuazione di iniziative comuni fra tutte le “parti” o fra alcune delle parti e la determinazione delle modalità per la gestione delle stesse iniziative;

c) il coordinamento dell’attività, sia individuale, sia comune, che le “parti” intendono svolgere;

d) il monitoraggio delle iniziative comuni;

e) l’informazione reciproca sullo svolgimento delle iniziative individuali;

f) la stesura del regolamento di gestione del “Fondo Comune” o “Borsa Progetti”;

g) la gestione del “Fondo”.

Ai fondi della “Borsa Progetti” potrebbero attingere i soggetti istituzionali (Ministeri, Regioni, Enti Locali etc.) ed associativi, portatori di progetti. Nel quadro della riforma del CGIE, si potrebbe ipotizzare una funzione propositiva di questo organismo, a fronte di progetti affidati in gestione a soggetti diversi. Nella valutazione ditali progetti, un titolo preferenziale dovrebbe essere quello del concorso di più soggetti alla realizzazione del medesimo intervento e del coordinamento di azioni e risorse. L’organismo in oggetto dovrebbe essere collocato al più alto livello di responsabilità istituzionale (Presidenza del Consiglio dei Ministri).

Conclusione

Partendo dall’assioma “gli italiani all’estero non sono più degli assistiti ma dei protagonisti”, occorre aprire un dialogo con la diaspora italiana ed investire fantasia ed idee perché la matrice, in cui decine di milioni di persone in qualche modo si riconoscono, possa esplicitarsi. Nell’immediato occorre trovare, in un quadro di qualità e di trasparenza, soluzioni adeguate per i corsi, per le scuole e per le sezioni bilingue, per gli enti gestori, per gli insegnanti di ruolo e non, per un raccordo tecnico costante tra Regioni, Stato e CGIE, per l’utilizzo di forze locali adeguatamente preparate, per sollecitare un impegno più massiccio da parte dei genitori, per definire il ruolo degli enti gestori, per le borse di studio. In un contesto, però, di strategia culturale, lo sguardo è rivolto in avanti per intravedere dove possono portare le sinergie tra vari Stati ed istituzioni, l’ascolto “dal basso”, la scelta di una politica di cooperazione culturale tra vari stati etc. Non difendiamo la lingua per spirito nazionalistico. Proponiamo un investimento culturale autentico - di cui la lingua è l’espressione principe - perché intendiamo comprenderne e farne comprendere la valenza più genuina. L’attaccamento autentico alla propria cultura obbliga l’individuo ed il gruppo ad aprirsi agli altri, a rispettare la loro cultura segnatamente per quanto attiene alla lingua. In un mondo sempre più globalizzato, l’investimento italiano in ambito linguistico e culturale significa portare un contributo rilevante alla nascita di persone capaci di muoversi agevolmente tra varie lingue e culture, persone dalla mentalità aperta e senza confini, in controtendenza rispetto ad un certo tipo di globalizzazione che livella, omologa, uniforma, oppure porta a sopravvalutare forme etniche di cultura. In questo “convivium” delle differenze sta il cammino reale che ci attende. Non si deve, infine, dimenticare che la cultura dà un significato vero a una storia di vita ed è lo strumento fondamentale per un dialogo autentico tra le nuove e le vecchie generazioni, tra diaspora e paese di origine.

 

AIE