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II Conferenza dei Consoli d’Italia

Intervento di apertura del Sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione

Consolati, agenzie del made in Italy

(GRTV) Il Sottosegretario agli Esteri, Senatore Roberto Antonione, ha aperto il 29 luglio alla Farnesina la II Conferenza dei Consoli italiani nel mondo. Di seguito pubblichiamo l’intervento del Sottosegretario Antonione. La complessità e l’ampiezza dell’attività consolare è nota a tutti noi. Non altrettanto evidente è parlare della semplicità di questa attività che risiede nello spirito che dovrebbe animare ogni ente che eroga servizi: soddisfare il cittadino-cliente, dare all’interlocutore quello che noi ci aspetteremmo se fossimo al suo posto. Semplice da enunciare, più difficile da realizzare. Tanto più che molti dei servizi sono forniti in monopolio. Per ottenere un passaporto o regolarizzare la propria posizione militare è al Consolato, e non ad altri, che occorre rivolgersi. Ecco, dunque, il rischio: se chi è al di là dello sportello non ha alternative, lo spirito di servizio di chi è al di qua dello sportello è destinato ad affievolirsi. Ma è proprio vero, poi, che non ci sono concorrenti? Se si allarga la prospettiva, si scopre che, in realtà, la concorrenza è internazionale, e la posta in gioco è molto alta: si tratta della competitività stessa del sistema Paese. L’efficienza della pubblica amministrazione - in Italia e all’estero - è indispensabile per essere competitivi. Un ufficio dinamico e gradevole fornirà ai connazionali servizi in linea con le loro attese, consoliderà il loro senso d’appartenenza, l’orgoglio della loro identità, darà ai cittadini del Paese ospitante l’immagine di un’Italia moderna e accogliente. L’immagine è uno specchio che ispira fiducia e ha riflessi sulla capacità di attirare investimenti, incrementare consumi, affermare idee. Giustamente, la prima conferenza dei Consoli e questo secondo momento d’incontro, che oggi sì apre, sottolineano l’importanza dell’attenzione al cliente. Sportelli polifunzionali, cura degli ambienti, centralini che non infliggano agli utenti interminabili musichette d’attesa, siti Internet riconoscibili senza essere standardizzati, procedure più snelle, misura del grado di soddisfazione degli utenti: dietro tutto questo c è un salto culturale. C’è la voglia di trattare l’interlocutore con attenzione ed efficienza. E qui mi preme affrontare subito un punto cruciale: la centralità delle risorse umane. Nel dibattito sulla riforma della Farnesina si parla molto dell’opportunità che i diplomatici diventino ancora più manager. Ma lo sforzo è, in realtà, richiesto a tutti. Dal primo degli ambasciatori all’ultimo degli impiegati. Non è retorica, e una necessità. Senza una sincera motivazione collettiva qualsiasi riforma è destinata a rimanere un proclama imposto dall’alto. E gli obiettivi assegnati al Consolato rischiano di essere tali solo per il Console. La constatazione implica conseguenze importanti. Occorre, ad esempio, semplificare procedure ed introdurre una maggiore flessibilità. Funzioni ieri considerate collaterali e oggi strategiche richiedono figure specializzate: vanno creati, soprattutto nei Consolati, più posti di informatici, addetti culturali, assistenti commerciali. Ma un’organizzazione a compartimenti stagni, negativa per definizione, meno che mai si adatta ai compiti e alle dimensioni delle nostre rappresentanze. Un’eccessiva rigidità impoverisce la cultura professionale degli impiegati. L’attenersi inflessibilmente alle proprie mansioni mina alla base quello spirito di squadra e quella naturale disponibilità a risolvere i problemi che dovrebbero essere caratteristiche fondamentali del servizio all’estero, soprattutto in sedi con organici limitati. E’ altresì necessario introdurre strumenti per consentire al responsabile dell’ufficio di valutate i collaboratori e premiare i migliori, al di là degli incentivi monetari favorendo un percorso di carriera che si basi sui meriti più che sull’anzianità. Ma può anche, ad esempio, dare diritto ad una preferenza sulle future assegnazioni all’estero o giustificare un maggiore investimento in termini di formazione. E’ importante che ciascuno senta su di sé la responsabilità del risultato, che ognuno si sforzi di migliorare una procedura, cambiare un formulano, rendere più diretta una comunicazione. L’efficienza non è fine a se stessa. Spesso è persino presupposto della democrazia. Oltre tre milioni d’italiani all’estero potranno finalmente votare per eleggere, per corrispondenza, i loro deputati e senatori e pronunciarsi sui referendum. Imminenti sono anche le scadenze del censimento e l’elezione dei Comites. Il corretto svolgimento ditali operazioni dipenderà dal grado di aggiornamento delle anagrafi consolari. Già è in atto un lavoro di allineamento tra i dati dell’Aire e quelli detenuti dai Consolati. Le sedi saranno presto dotate di circa 350 contrattisti e delle risorse finanziarie per stipulare, ove necessario, contratti di digitazione e inviare, come prescrive la legge 549/2001, agli elettori residenti all’estero un formulano per l’aggiornamento dei dati anagrafici e per l’eventuale opzione di voto in Italia. Presso la Direzione generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie opererà un’unità di coordinamento di tutte le operazioni elettorali di competenza del Ministero. Sul voto degli italiani all’estero è attivo un Gruppo di lavoro interministeriale, presieduto dal Vicesegretario generale della Farnesina. Tutti voi siete stati interpellati per evidenziare difficoltà organizzative e suggerire possibili soluzioni: le une e le altre vengono prese m esame ora che si sta scrivendo il regolamento attuativo. Alle rete diplomatico..consolare si chiede un grande sforzo: informazione ai connazionali e aggiornamento degli schedari; accordi con autorità locali per garantire segretezza del voto ed incolumità di elettori e candidati; organizzazione delle operazioni di voto, invio a Roma delle schede. La sfida è impegnativa. Ma quella del voto all’estero è una conquista storica, una legge, approvata dopo anni di dibattiti e battaglie, che dà voce a chi ha onorato e onora l’Italia, fuori dei confini nazionali. Oltre agli aspetti operativi, sì mi pongono nuove riflessioni. Occorrerà, per esempio, verificare la coerenza con le altre forme di rappresentanza finora espresse dagli italiani all’estero, modernizzando, se necessario, meccanismi e compiti di Comites e CGIE. Se un tempo erano gli italiani ad emigrare, oggi l’Italia è diventata meta d’immigrazione e Paese di transito, ponte naturale per i flussi diretti verso il cuore dell’Europa. Lo squilibrio demografico ed economico tra Nord e Sud del mondo ha accentuato il fenomeno migratorio. Gli immigrati sono una risorsa che alimenta molti settori della nostra economia. Immigrazione clandestina e traffico di esseri umani sono, purtroppo, in aumento. Il controllo dell’immigrazione illegale è considerato dall’opinione pubblica il primo obiettivo di politica estera. Lo dimostra una recente indagine commissionata dalla Farnesina. Con la legge Bossi-Fini, un contratto di lavoro è requisito essenziale per ingresso e permesso di soggiorno, l’espulsione dei clandestini viene accelerata, si prevede l’arresto immediato per chi venga fermato dopo due intimazioni. Questo sul piano interno. A livello internazionale, il Ministero degli Esteri ha profuso sforzi notevoli. Molte le azioni già avviate: coordinamento interministeriale; intese bilaterali con i Paesi d’origine; accordi con partner occidentali destinatari di flussi migratori, per accrescere la disponibilità di intelligence su provenienze, rotte e sponsor del traffico di esseri umani; iniziative nell’ambito dell’Unione Europea e di altri fori multilaterali. Il ruolo svolto dalla Farnesina va adeguatamente valorizzato attraverso un’efficace campagna d’informazione. Per il 2003 è allo studio l’organizzazione di un convegno internazionale sull’immigrazione, che ne esamini gli aspetti economici, sociali e di sicurezza e che veda la partecipazione di associazioni d’impresa ed enti locali. Quello degli esseri umani è solo uno dei tanti traffici che alimentano la criminalità organizzata internazionale e rendono ancor più temibile la minaccia terroristica. Una vasta cooperazione giudiziaria è’ strumento indispensabile. Altrettanto necessario è un severo sistema di controlli. Il Ministero processa un milione di visti all’anno. Ambasciate e Consolati hanno, per svolgere questo lavoro, risorse spesso limitate, sebbene i soli visti assicurino all’erario un introito annuo di 27 milioni di euro. Soprattutto alla luce dell’emergenza terrorismo, a voi spetta l’impegnativo compito di contribuire alla sicurezza dell’Italia e degli altri Paesi Schengen, facilitando al tempo stesso il rilascio dei visti a chi intenda andare in Italia per legittimi motivi. In prospettiva, oltre al personale addetto ai visti (che in certe sedi arriva a rappresentare fino alla metà dell’organico), occorrerà destinare all’estero altre risorse per la gestione di accordi che prevedono varie iniziative, quali ad esempio i programmi di formazione e selezione di manodopera. Nuovi obiettivi richiedono nuovi mezzi. Maggiore libertà di circolazione e frequenti occasioni d’incontro tra culture differenti hanno favorito un incremento di unioni tra persone di diverse nazionalità. E’ un segno positivo d’integrazione. Ma il fenomeno può dar vita a situazioni dolorose. Di Erika in Kuwait, dei Perri in Egitto e dei Silvestri in Algeria i mezzi d’informazione hanno molto parlato. Ma sono circa 270 i casi di sottrazione internazionale di minori tuttora aperti. La diffusione della Convenzione dell’Aja, la creazione di centri informativi per le famiglie sono due elementi importanti per contrastare questo fenomeno lacerante. I Consolati, oltre ad intervenire sulle singole situazioni, possono dare un contributo importante alla fondamentale azione d’informazione e prevenzione. Per ritrovarsi con meno bambini contesi, è necessario avere più genitori informati. Fin qui i compiti tradizionali. Chiamiamoli così, anche se le esigenze si trasformano in rapporto alle evoluzioni sociali e internazionali e cresce il bisogno di un servizio efficiente e di un ‘immagine moderna. Ai Consoli si chiede, però, ancora di più. I nostri uffici consolai non possono limitarsi al mero ruolo di erogatori di servizi amministrativi, per quanto importanti e complesse siano diventate quelle funzioni. I Consolati italiani devono diventare veri e propri centri multiservizi, delle agenzie di promozione economica e culturale. Abbiamo la rete consolare più vasta del mondo. Quale migliore vetrina per le nostre imprese? Se è giusto misurare la performance di un ufficio dal numero di pratiche smaltite, dalla riduzione del tempo di attesa per ottenere un documento, è altrettanto ragionevole valutarne la capacità di creare opportunità per il made in Italy, accompagnare una missione d’imprenditori, ricercare partner per cooperazioni industriali, assistere k aziende italiane già operanti sul territorio, far conoscere alle imprese locali i vantaggi dell’investire in Italia. Tutto questo deve tradursi in risultati, in un incremento dell’interscambio commerciale, in una crescita delle nostre esportazioni verso la regione, in un maggior interesse degli investitori stranieri per il nostro Paese. Si profila la necessità di un ripensamento della rete consolare anche in funzione degli obiettivi economici, un’integrazione degli uffici Ice, una stretta sinergia con le sedi Enit e l’azione delle camere di commercio, più risorse umane e finanziarie dedicate alla promozione commerciale. L’economia è anche un fatto culturale. Dietro la scelta di bere il Bordeaux invece della Coca Cola o altro c’è, se non un’adesione incondizionata (dal momento che le abitudini di consumo si sovrappongono), una certa sintonia con i rispettivi modelli culturali. Le aziende sponsorizzano spettacoli, restauri, eventi sportivi perché da essi traggono un vantaggio d’immagine. La cultura è un moltiplicatore, dà calore al messaggio freddo dell’economia che parla il linguaggio della convenienza e dell’efficienza. Spesso un prodotto può diventare persino oggetto d’arte come accade per la moda e il design. Proprio questo settore, non a caso, è stato scelto per il primo degli “anni tematici”. Lo spirito è appunto quello di valorizzare la sinergia tra cultura ed economia e trovare un filo conduttore che eviti il disperdersi delle iniziative. Dovremo quindi trovare forme innovative di collaborazione tra Consolati ed Istituti di Cultura così come dovremo coinvolgere in modo costruttivo ed efficace il patrimonio delle regioni: la devoluzione di competenze alle Regioni accentua il profilo federalista della nostra Repubblica. I Consolati sono chiamati a promuovere ,i sistemi produttivi territoriali, insieme con il loro patrimonio culturale e la loro identità. Ai sistemi locali, Regioni in prima fila, che vogliano operare all’estero, i Consolati devono offrire un effettivo valore aggiunto,. rappresentando un riferimento e un sostegno concreto. Nel Paese stramero, l’iniziativa regionale dovrà essere percepita come tassello del più ampio mosaico italiano. Una particolare attenzione merita altresì la diffusione della lingua anche come strumento di lavoro e “utensile” economico. I Consolati sono quindi chiamati a promuovere anche iniziative a sostegno dell’italiano e di sensibilizzazione nei confronti di insegnanti e locali autorità accademiche. Se è giusto lavorare per recuperare all’italiano la terza generazione di immigrati -quella dei nipoti che mirano a recuperare le loro radici- appare limitativo voler veicolare la nostra cultura solo in italiano. Il messaggio arriverebbe più forte e chiaro se fosse inviato nella lingua del Paese di adozione. Ciò vale, ad esempio, per i libri. E’ chiaro che è meglio esportare romanzi di Eco o Baricco in italiano. Ma è già importante che ci siano buone traduzioni e che all’estero Eco o Baricco vengano apprezzati dal grande pubblico. Ciò vale, a maggior ragione, per la televisione, il più potente strumento di penetrazione culturale. Per sfruttare appieno il mezzo televisivo, raggiungere l’italianità di milioni di persone, sarebbe più utile trasmettere in lingua locale. L’esperimento potrebbe partire dall’inglese, con un palinsesto generalista a contenuto italiano, destinato inizialmente al Nord America. Restando nel campo della comunicazione, va reso meno burocratico e ingessato il rapporto dei diplomatici con i media. Al centro, la struttura per direzioni geografiche e tematiche consente già al giornalista di individuare, a livello funzionario, il direttore generale responsabile dell’Africa o dell’Asia o delle questioni relative all’integrazione europea. All’estero, il diplomatico rappresenta ancora di più il punto di riferimento, una sorta di ufficio stampa del sistema Italia. Un Console deve sapersi pronunciare con competenza quando si parla d’Italia e deve suscitare l’interesse dei mezzi d’informazione per gli aspetti più vendibili del nostro Paese: dalla cultura al turismo, dall’economia agli eventi italiani nella circoscrizione. Al tempo stesso il Consolato è interlocutore istituzionale per la nostra collettività all’estero, dunque sarà interessato a far conoscere - attraverso i canali associativi e i media d’emigrazione - le iniziative, i miglioramenti del servizio, i provvedimenti che interessano i connazionali. Uno degli esempi più evidenti della complementarità tra cultura ed economia è, infine, la cooperazione scientifica e tecnologica. Nel quadro della revisione del Programma Nazionale di ricerca appare necessaria una più accentuata strategia di internazionalizzazione, strategia cui la Farnesina è chiamata a dare un contributo importante. L’internazionalizzazione deve avvenire in due direzioni: da un lato incentivare collaborazioni tecnologiche con Paesi avanzati che possano contribuire a modernizzare settori in cui l’Italia sia più indietro; dall’altro esportare nei Paesi in via di sviluppo i nostri settori d’eccellenza. I Consolati possono e devono fornire informazioni sull’evoluzione del mondo scientifico nella loro circoscrizione, favorire i contatti tra università e centri di ricerca, assistere le aziende italiane high tech presenti sul territorio, monitorare l’esecuzione di eventuali protocolli scientifici e tecnologici e segnalare la presenza di ricercatori italiani. C’è un potenziale di cervelli italiani che non solo non viene valorizzato ma non è nemmeno conosciuto. Costruire un sistema Paese e una rete consolare che vada al di là dei servizi amministrativi, vuol dire anche riuscire ad attirare questi “italians” che ai nostri Consolati non si manifestano se non quando hanno bisogno del passaporto. Da quanto sinteticamente illustrato finora emergono comunque l’ampiezza e la complessità dei compiti affidati agli uffici consolai. Appare evidente il salto culturale richiesto per ridurre tale complessità alla semplicità, al riflesso istintivo dello spirito di servizio. E’ chiaro che a questo sforzo e a questi compiti accresciuti deve corrispondere un incremento di risorse. In democrazia è tanto più possibile destinare finanziamenti ad un settore, quanto più esso svolge una funzione che gli elettori considerano strategica. Occorre non solo fare, ma far sapere quello che si fa e come lo si fa, perché la pubblica opinione possa maggiormente apprezzarlo. La diffusione della rete consolare sul territorio è una straordinaria opportunità, ma ha anche un prezzo. Le risorse vanno accresciute ma anche meglio distribuite e utilizzate. La localizzazione dei Consolati destinata a rispondere sempre più alla necessità di un’efficace promozione economica e culturale e sempre meno alle esigenze derivanti dall’antica emigrazione. Gli emigranti di ieri sono gli italiani del mondo di oggi, risorsa strategica per l’Italia. La sinergia delle forze cui e’ affidata la gestione della nostra presenza all’estero è un’esigenza funzionale oltre che economica. I Consolati esercitano sul territorio un ruolo di coordinamento e di sintesi della proiezione internazionale italiana in tutti i settori. Questo ci si attende dai consolati. D parte mia nell’augurare a tutti voi buon lavoro, desidero assicurare il fermo sostegno di chi ha compreso l’importanza del vostro lavoro e la portata delle responsabilità che quotidianamente assumete.

 

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