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Roma, 4/5/6 luglio 2001: Assemblea plenaria del CGIE - Intervento del Presidente Enzo Ghigo, Presidente della Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome

"E’ l’occasione di preparare, maturare e decidere congiuntamente in una sede istituzionale le linee programmatiche per una nuova politica per gli italiani nel mondo"

 

Sono grato al Consiglio Generale degli Italiani all’Estero per aver offerto a me e agli altri rappresentanti delle Regioni presenti l’occasione di partecipare all’Assemblea generale del Consiglio.

Questa Assemblea capita al momento giusto sotto tanti punti di vista e diventa per me un’occasione ideale per presentare un lungo e articolato documento programmatico che la Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province autonome ha approvato giovedì scorso. Il documento raccoglie ed esamina quanto fatto finora in materia di politiche per gli italiani all’estero e lancia nuove e concrete proposte per proseguire e, dove occorra, rivitalizzare queste politiche.

C’è anche un’altra ragione che mi spinge a definire questo un momento particolare. Un nuovo Governo si è appena insediato e ha subito lanciato un messaggio chiarissimo di quanto ritenga importante puntare sugli italiani nel mondo con l’istituzione di un nuovo Ministero. Al neo Ministro Tremaglia, da sempre impegnato con dedizione ammirevole per gli italiani all’estero, formulo i migliori auguri e confermo il forte impegno delle Regioni in questo settore e la massima disponibilità a collaborare con spirito costruttivo e innovativo per rilanciare le politiche in favore delle comunità italiane nel mondo.

Infine, questa assemblea può definirsi programmatica anche per il CGIE. E’ alle porte, come tutti ci auguriamo, la prima convocazione della Conferenza Stato, Regioni e CGIE, istituita con la Legge 198 del 1998.

Per la prima volta vi è l’occasione di preparare, maturare e decidere congiuntamente in una sede istituzionale non solo le linee programmatiche per una nuova politica per gli italiani nel mondo ma anche singoli e concreti provvedimenti che inizieranno a dare un tangibile segno ai nostri connazionali all’estero dell’interesse che il Paese ha per loro e per il ruolo che possono svolgere per l’Italia nei Paesi dove vivono.

E’ allora davvero giunto il momento di pensare una nuova politica per gli italiani all’estero e di ridisegnare il ruolo delle comunità di italiani nel mondo.

Appare riduttivo considerarle solo in termini di utenza destinataria di interventi residuali ed episodici da parte dello Stato italiano. Occorre una scelta politica di ampio respiro in questo settore per far compiere al nostro Paese un salto di qualità degno del ruolo che tradizionalmente e culturalmente l’Italia interpreta sullo scenario internazionale.

Il ruolo delle comunità italiane nel mondo va ridisegnato; non più uno dei soggetti, e neanche il principale, destinatari di sterili politiche assistenziali ma un’attiva e strategica rete di comunità in tutto il mondo, capace di sostenere e promuovere l’immagine dell’Italia e la sua politica estera e commerciale perché nuova coprotagonista di questa politica, attraverso un costante processo dialettico sociale, economico e culturale con l’Italia.

Occorre rigenerare questo processo e incoraggiarlo con precise scelte politiche e adeguati strumenti legislativi. Il punto di partenza è un concetto molto semplice; la valorizzazione economica di quella che da tempo viene definita la "risorsa" emigrazione. A questo riguardo, il documento sulla "Business Community" elaborato nel corso della Prima Conferenza degli Italiani nel Mondo indica in modo molto efficace le prospettive della valorizzazione economica della risorsa emigrazione.

Tre sono i protagonisti di questa nuova politica: il CGIE, le Regioni e lo Stato. L’ordine non è casuale. Ho messo il CGIE al primo posto perché è qui che devono nascere le proposte, è da qui che deve partire il segnale di rinnovamento.

Si è sempre. detto che il CGIE è l’espressione principale delle comunità italiane all’estero. Ora il CGIE ha la possibilità di partecipare istituzionalmente alla formulazione delle politiche per le comunità italiane all’estero e quindi spetta a voi irrobustire la vostra organizzazione in modo da conferire più efficacia alla sua azione e da saper cogliere al meglio le esigenze degli italiani nel mondo.

Ho posto le Regioni subito dopo il CGIE perché storicamente e tradizionalmente le Regioni e le Province autonome italiane rivestono un ruolo di primaria importanza come collegamento "intelligente" tra le comunità italiane nel mondo e lo Stato centrale.

Gli emigrati italiani si sono rapportati all’estero preferibilmente con i tratti della propria area di origine, in termini di parlate, di stili di vita e di orgoglio di appartenenza. Le Regioni, per vocazione naturale, si sono sentite più vicine ai bisogni dei propri corregionali all’estero, sostenendone le forme associative, favorendone i rientri e il reinserimento in patria, assistendoli talvolta materialmente e soprattutto rispondendo al loro bisogno di cultura e di informazione. Se in tempi più recenti vi è stata la ripresa del sentimento dell’italianità tra le comunità all’estero il merito non va attribuito solo al miglioramento dell’immagine internazionale del nostro Paese ma anche alla presenza capillare delle Regioni tra le loro comunità all’estero.

In questo senso si può affermare con sicurezza che l’identità italiana risulta valorizzata ed esaltata dalla sommatoria e dalla dialettica delle diverse identità locali che animano il nostro Paese. Perciò il ruolo delle Regioni e delle Province autonome nell’elaborazione e nella realizzazione di una nuova politica di promozione dell’italianità nel mondo risulta irrinunciabile e va interpretato col massimo della dignità istituzionale.

Infine, ma non per questo meno importante, lo Stato centrale. Sul piano istituzionale questa nuova politica deve essere sostenuta da un complesso coordinamento strategico dei soggetti interessati. Questo è il ruolo che lo Stato deve interpretare. In questo senso vedo molto bene l’istituzione di un nuovo e apposito Ministero direttamente dipendente dalla Presidenza del Consiglio.

Dovrà garantire non solo l’elaborazione di una legge quadro che definisca i principi ispiratori le linee programmatiche del nuovo progetto e disponga gli strumenti legislativi attuativi, ma garantire la concertazione delle scelte e il raccordo istituzionale con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e con gli altri Dicasteri, col sistema regionale e con tutto quel complesso apparato dello Stato che gravita e opera nel settore.

Le Regioni stesse potranno ricercare un collegamento più diretto non solo con il Ministero per gli Italiani nel Mondo ma anche con il complesso di apparati ministeriali interessati agli interventi all’estero, in particolare il Commercio estero, il Turismo, la Cultura, la Comunicazione e l’Informazione.

In questa prospettiva istituzionale, diventa necessario un maggior coinvolgimento del CGIE e delle Regioni e delle Province autonome nelle scelte strategiche effettuate a livello nazionale.

Lo strumento per realizzare questo maggiore coinvolgimento esiste e si tratta solo di sfruttarlo al massimo. E’ la Conferenza Stato, Regioni, CGIE: la cadenza almeno triennale prevista nella legislazione vigente appare poco utile a farne un tavolo efficace di codecisione e di verifica delle politiche per gli italiani all’estero.

Propongo al Ministro di farsi portavoce in seno al Governo della richiesta di una più frequente convocazione della Conferenza, magari su base annuale. Vi è poi l’esigenza, che però dobbiamo ancora verificare, non essendo la Conferenza mai stata convocata, di renderla più snella nella sua composizione al fine di aumentarne le capacità operative. Ad un rapido conto, l’attuale composizione prevede oltre un centinaio di soggetti. Ho l’impressione che siano troppi.

Il rilancio delle politiche per gli italiani all’estero deve passare attraverso concreti meccanismi legislativi che funzionino da volano delle iniziative. Considerata la complessità degli interventi e il numero delle amministrazioni coinvolte, le Regioni ritengono necessario il varo di una legge quadro a livello nazionale che sia il più possibile omogenea alle singole legislazioni regionali.

Il settore di intervento della Legge potrebbe essere individuato come "interventi a favore delle comunità italiane all’estero e di valorizzazione della presenza italiana all’estero".

La Legge dovrebbe anche prevedere l’istituzione di un Fondo nazionale finalizzato al cofinanziamento di azioni comuni di Regioni e Stato, da realizzarsi tramite Accordo di Programma, mirate all’attuazione di progetti di settore e di aree territoriali.

In particolare, il Fondo dovrebbe essere gestito per progetti finalizzati, stabiliti di concerto tra Stato, Regioni e CGIE. Per ogni progetto è assegnato un finanziamento statale e le Regioni che intendono partecipare al progetto si impegnano a coprire con fondi propri aggiuntivi il finanziamento statale, in questo modo si evita la dispersione di preziose risorse in azioni non di sistema o che non riscuotono concreto interesse da parte delle Regioni e al contrario si favorisce la progettualità e il protagonismo dei soggetti.

Parlavo di azioni di sistema perché ritengo questo uno dei punti più qualificanti per una nuova politica per gli italiani all’estero.

Per quanto riguarda le Regioni ricercheremo sempre più di realizzare politiche o interventi finanziari comuni per valorizzare le esperienze già maturate nei diversi campi, dalla cultura alla lingua, dalla solidarietà all’economia e alla formazione.

Ma vi è un’azione di sistema che ritengo di fondamentale importanza: coniugare i problemi e le opportunità dell’emigrazione con la cooperazione internazionale in senso ampio, dalle azioni nel campo economico a quelle di promozione commerciale, dal turismo alla cultura. In questa prospettiva l’emigrazione e le politiche per gli italiani all’estero si propongono come un anello utile della catena di promozione all’estero del sistema Italia. Al fine di rendere più incisiva l’azione dei soggetti coinvolti nella realizzazione di queste politiche, particolarmente Regioni e CGIE, sarà infine opportuno prevedere l’istituzione di una cabina di regia, con propria dotazione finanziaria, formata da un gruppo ristretto di rappresentanti di tutti i soggetti coinvolti con il compito di monitorare e garantire organicità alle realizzazioni in corso.

In vista della Conferenza Stato, Regioni e CGIE, le Regioni hanno individuato nel loro documento programmatico alcuni temi che ritengono prioritari: Lingua e cultura; Lavoro, formazione, economia; Giovani generazioni; Associazionismo e diritti di cittadinanza; Informazione e comunicazione.

Lascio ai tecnici il compito di approfondirne i contenuti e di preparare su queste basi concreti provvedimenti da valutare in occasione della Conferenza.

La Conferenza è il punto di arrivo di questo programma operativo ma anche il punto di partenza per una svolta nelle politiche per gli italiani all’estero. Auspico dunque che sia effettivamente realizzata entro il 2001. Vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro un proficuo e costruttivo lavoro.

 

Enzo Ghigo